Gli studi della ricerca clinica sugli esiti della riabilitazione robotica rispetto a quella tradizionale su pazienti con problematiche muscolo-scheletriche si stanno moltiplicando nel tempo: l’obiettivo è comprendere meglio l’apporto che i robot possono dare all’ambito riabilitativo e i metodi più appropriati per utilizzarli.
Uno studio norvegese (Linda Sørensen & Grethe Månum. A single-subject study of robotic upper limb training in the subacute phase for four persons with cervical spinal cord injury. Spinal Cord Series and Cases volume 5, article number: 29 (2019) ha indagato l’utilizzo della robotica sul recupero dell’arto superiore in persone con lesioni cervicali della colonna vertebrale in fase sub-acuta.
Anche se lo studio si concentra solo su quattro pazienti tetraplegici, i risultati sono interessanti. I partecipanti hanno effettuato undici sessioni di riabilitazione robotica passiva utilizzando l’esoscheletro: successivamente sono state studiate le statistiche descrittive fornite dal robot e quanto osservato dall’operatore.
Gli esisti sono stati quantificati utilizzando alcuni score e scale, tra cui: Spinal Cord Independence Measure (SCIM-III), Graded Redefined Assessment of Strength Sensibility and Prehension (GRASSP).
In aggiunta, ai pazienti è stato fornito un questionario. Tutti i partecipanti hanno aumentato le loro funzioni dell’arto superiore, secondo il valore totale di GRASSP; 3 su 4 hanno mostrato miglioramenti sul lato sinistro; 3 su 4 hanno migliorato le funzioni nella loro vita quotidiana, secondo lo score SCIM-III.
In definitiva, i risultati hanno mostrato dei miglioramenti nei pazienti, ma i ricercatori ammettono che servono ulteriori approfondimenti per comprendere meglio il peso della riabilitazione robotica su questi soggetti. Un dato è però certo: tutti hanno gradito il percorso riabilitativo, il che è di per sé un risultato importante.
Stefania Somaré