La Medical University di Vienna ha pubblicato uno studio sulla relazione esistente fra tempo di indossamento di una protesi transradiale e miglioramenti funzionali. In particolare, gli autori si sono concentrati su amputati transradiali.
Ricevere una protesi è il primo passo verso un recupero dell’uso della funzione legata all’arto perduto, il che è tanto più vero quando la protesi è tecnologica e innovativa. Essenziale è seguire un iter riabilitativo.
Quando si parla di protesi mioelettriche, in particolare, si procede con una prima fase di rieducazione senza la protesi, per preparare il paziente anche dal punto di vista psicologico, oltre che funzionale.
Si passa, poi, a una fase di allenamento con la protesi, atta a sviluppare la sensibilità necessaria per attivare la protesi stessa nel modo corretto e per riuscire a eseguire certi compiti anche in velocità.
Infine, si passa alla fase riabilitativa vera e propria, che può essere svolta in gran parte anche a casa, sfruttando le attività quotidiane.
Eppure non è chiaro quanto le prime fasi rieducative e riabilitative incidano sul lavoro a casa, tant’è che sono molti i casi di restituzione della protesi mioelettrica/innovativa a favore di una di vecchia generazione, che possa svolgere una funzione estetica ma non funzionale.
Tornando allo studio in oggetto, gli autori hanno coinvolto cinque pazienti con protesi transradiale, valutandone la funzionalità dell’arto protesico e, nel contempo, chiedendo loro di riportare le ore medie di indossamento nei tre mesi precedenti e il numero di azioni effettuate mediamente con l’arto protesico al giorno.
La funzionalità è stata testata con una serie di strumenti, come: lo score Southampton Hand Assessment Procedure (SHAP), originariamente sviluppato proprio per valutare le protesi di arto superiore; il Box and Block Test (BBT) che misura la destrezza nel spostare dei blocchi da una scatola all’altra; l’Action Research Arm Test (ARAT), composto di 19 elementi utili a vagliare destrezza, coordinazione e funzionalità dell’arto; Clothespin-Relocation Test, sviluppato per esaminare la funzionalità della mano. Di seguito, gli esiti medi dei test: 66.60 ± 18.64 punti per lo SHAP; 20.80 ± 7.46 punti per il BBT; 37.20 ± 5.45 punti per l’ARAT; 26.90 ± 11.61 punti per il Clothespin-Relocation Test. Come si nota, la variabilità è abbastanza ampia.
Lo stesso si può dire per il numero di azioni eseguite con la protesi ogni giorno, compreso in un intervallo che va dalle 23 alle 489. Le ore di indossamento variano invece tra 9,69 alle 15,91 ore. Mettendo insieme questi risultati gli autori hanno verificato che maggiori sono i movimenti compiuti al giorno e migliori sono i punteggi degli score di funzionalità. Ovviamente le ore di indossamento, se non associate a movimenti attivi, sono meno importanti nel determinare miglioramenti funzionali.
(Lo studio: Salminger, Stefan1,2; Gstoettner, Clemens2; Sturma, Agnes2,3; Mayer, Johannes A2; Papst, Helmut4; Aszmann, Oskar C1,2. Actual prosthetic usage in relation to functional outcomes and wearing time in individuals with below-elbow amputation. Prosthetics and Orthotics International: October 2022 – Volume 46 – Issue 5 – p 408-413 doi: 10.1097/PXR.0000000000000137)
Stefania Somaré