Protesi di arto superiore, come ridurre il tasso di abbandono?

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Le più recenti protesi mioelettriche di arto superiore cercano di restituire ai pazienti con amputazione la possibilità di tornare a svolgere le proprie attività quotidiane e vivere le proprie passioni.
È noto, però, che nella maggioranza dei casi queste protesi non riescono a soddisfare le aspettative degli utenti, che le abbandonano nel 75% dei casi preferendo trovare modi alternativi per svolgere le varie attività.
Peccato che così introducano una serie di movimenti compensativi che, alla lunga, generano asimmetrie posturali e dolore.

Da qui la necessità di esplorare maggiormente i desideri degli utenti, che per lo più vorrebbero poter sentire come la protesi interagisce con gli oggetti toccati e avere un ritorno sensoriale. Oggi ciò si può fare grazie a input vibrotattili, tuttavia, dalle interviste effettuate risulta anche chiaro che i possibili utenti vorrebbero valutare di persona l’utilità di un ritorno vibrotattile nell’uso della protesi.

Da qui l’idea di un team di ricerca dell’Università di Bath di avviare uno studio “domiciliare”. Un’idea innovativa, dal momento che solitamente tutti gli studi di usabilità vengono condotti in laboratorio, in ambiente controllato. Al momento lo studio è ancora in fase preliminare, ma presto entrerà nella sua fase attiva.

La struttura dello studio

L’idea è che gli amputati che abbandonano le protesi mioelettriche siano coinvolti nella loro progettazione: per questo testeranno il dispositivo direttamente a casa, fornendo tramite internet i propri feedback al team di ingegneri, permettendo una personalizzazione della protesi stessa.
Per questo i pazienti riceveranno direttamente a casa propria un kit di feedback vibrotattile composto da un guanto e una fascia da braccio che includono sensori di forza ed effettori vibrotattili, appunto.

Inoltre, ogni partecipante riceverà anche un microcontroller simile a uno smartwatch con caricata una app per modificare in autonomia i setting del feedback, in termini di intensità e tipo di vibrazione.
Grazie al microcontroller, inoltre, il partecipante può registrare opinioni e dati rilevanti e aggiornare il proprio feedback. Primo autore dello studio è la ricercatrice Leen Jabban.

Il dispositivo

Realizzato in collaborazione con l’azienda di Bristol Open Bionics, il device attore dello studio descritto è in fase di realizzazione e verrà sottoposto ai primi test all’inizio di settembre.
Lo studio è uno dei due progetti portati avanti dall’Università di Bath grazie ai finanziamenti ottenuti dall’Engineering and Physical Sciences Research Council.
Al momento il team cerca persone con amputazione di arto superiore interessate a partecipare allo studio.
Se la sperimentazione andrà a buon fine, l’azienda britannica avrà infine la possibilità di offrire una personalizzazione di protesi agli amputati, aumentandone la soddisfazione e riducendo il tasso di abbandono.