A quanto sembra da alcuni studi pubblicati in letteratura, l’uso di un esoscheletro di arto inferiore per supportare un training progressivo ad alta intensità in pazienti con Parkinson permetterebbe di ottenere miglioramenti nel passo. Per approfondire la questione, un team di ricerca canadese ha avviato uno studio pilota randomizzato in cui mettere a confronto gli esiti su memoria e passo di un training ad alta intensità con esoscheletro e senza. 27 i pazienti coinvolti nel percorso che è durato 8 settimane con 2 sessioni di allenamento la settimana.

Il programma di allenamento, uguale per entrambi i gruppi, prevede una prima fase di riscaldamento seguita da esercizi di rinforzo, con squat, affondi statici e sollevamenti in punta di piedi. La fase successiva è aerobica e prevede di salire e scendere scale, camminare all’indietro e di fianco; segue l’allenamento dell’equilibrio, composto di esercizi di vario tipo. Ogni esercizio vede aumentare il numero di ripetizioni da effettuare per serie. L’esoscheletro utilizzato dal team di lavoro è disponibile in commercio e offre all’utente stabilità dinamica e un grado minimo di assistenza.  

La fase di valutazione

Pubblicato su Scientific Reports, lo studio utilizza 2 indici per valutare i miglioramenti ottenuti con l’intervento. La sottoscala “Memory and Learning” del “Scales for Outcomes in Parkinson’s disease-Cognition”, o SCOPA-COG, è stata usata per valutare gli effetti sulla memoria, attenzione, funzione esecutiva, disabilità visuospaziale e richiamo ritardato. Il “6 minute walking test”, invece, è stato scelto per determinare la resistenza nel passo; il test è stato condotto su un percorso di 25 metri ed è stato ripetuto 3 volte, così da individuare la media tra le ripetizioni.

L’intensità di allenamento è stata qui quantificata con un actigrafo, normalmente utilizzato nello studio del sonno: il dispositivo, piccolo e indossabile, permette indirettamente di calcolare le calorie utilizzate; i dati ottenuti dall’actigrafo sono stati elaborati con un algoritmo per ottenere un “conteggio di attività al minuto”. Infine, gli autori hanno tenuto registrazioni precise degli esercizi eseguiti dai singoli pazienti, utilizzati alla fine per ottenere un “indice di intensità” che consenta un confronto tra i 2 gruppi. Vediamo quindi quali sono gli esiti ottenuti.

L’esoscheletro consente di ottenere esiti migliori

Il confronto tra le valutazioni pre-intervento e quelle successive consente di evidenziare un miglioramento maggiore nel gruppo di studio, ovvero quello che ha utilizzato l’esoscheletro. Tanto per memoria che per il passo. Approfondiamo ulteriormente la questione. Il confronto dell’indice di intensità calcolato dagli autori indica che i partecipanti di entrambi i gruppi hanno effettuato avanzamenti, da circa il 50% dell’intensità prescritta al 75%.

Se si vanno a osservare però i risultati ottenuti con l’actigrafo, si vede che i pazienti che si sono allenati con l’esoscheletro hanno continuato a incrementare l’intensità dell’esercizio per tutto il percorso, mentre gli altri sono fino alla quarta settimana, per poi stabilizzarsi. Altrettanto interessante osservare che i miglioramenti nella memoria dei pazienti sembrano correlare bene con la progressione dell’intensità di lavoro. Lo stesso si può dire per la distanza coperta in 6 minuti. Dati questi risultati, gli autori sottolineano che l’uso della tecnologia in riabilitazione dovrebbe puntare a far aumentare l’intensità degli esercizi e il metabolismo e non a semplificare l’iter riabilitativo.

Studio: McGibbon, C.A., Sexton, A. & Gryfe, P. Exercising with a robotic exoskeleton can improve memory and gait in people with Parkinson’s disease by facilitating progressive exercise intensity. Sci Rep 14, 4417 (2024)