Ci sono professioni che più di altre possono esporre il lavoratore a lesioni muscoloscheletriche. Si tratta, in particolare, di mestieri che richiedono una ripetitività del gesto e ciò comporta costi a livello personale, lavorativo e sociale.

Trovare il modo per prevedere quali pazienti corrono maggiormente il rischio d’incorrere in queste lesioni potrebbe essere molto utile.

Uno studio della Ohio State University (Dufour JS, Aurand AM, Weston EB, Haritos CN, Souchereau RA, Marras WS. Dynamic Joint Motions in Occupational Environments as Indicators of Potential Musculoskeletal Injury Risk. J Appl Biomech. 2021 Mar 9:1-8. doi: 10.1123/jab.2020-0213. Epub ahead of print. PMID: 33690164) ha analizzato in modo dettagliato i movimenti articolari dei lavoratori, usandoli come spie. A tale scopo, è stata utilizzata una coppia di sensori indossabili per unità di misura inerziale (IMU).

Questi hanno acquisito i dati del movimento articolare dinamico di 11 soggetti volontari con grande precisione.
Sono state create situazioni lavorative simulate, con movimenti ripetitivi di collo, bassa schiena e spalle, sia immaginando occupazioni a bassa e ad alta difficoltà.

I risultati sono abbastanza buoni, anche se i sensori sembrano rispondere in modo differente al grado di difficoltà del compito eseguito e mostrano alle volte una sensibile deriva posizionale.
In generale, i sensori indossabili si sono dimostrati migliori dei visori ottici per misurare le dinamiche articolari.

Gli autori concludono che questa tecnologia ha il potenziale per favorire lo sviluppo di metriche adatte alla supervisione dei lavoratori che svolgono azioni ripetute, soprattutto perché sensibili al grado di difficoltà dell’azione stessa.

Stefania Somaré