Lesioni agli addominali obliqui nel tennis

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L’apparato muscolo-scheletrico è composto dalla componente ossea, chiaramente, e da quella articolare e tendinea, ma non bisogna dimenticare la parte muscolare che può dare fastidi, come sintomi dolorosi. In particolare, ci sono dei muscoli, tanto importanti per la postura, per esempio, che vengono poco considerati: parlo degli addominali, costituiti da trasverso, retto, piramidale e obliqui interni ed esterni.

La muscolatura addominale è implicata nel movimento del tronco, nella stabilizzazione e nel sostegno della colonna vertebrale ed è accessoria alla respirazione e al sollevamento dei carichi… è inoltre importante per molti sport. Parlando delle pratiche sportive, il tennis è tipicamente associato a lesioni del retto dell’addome… negli ultimi tempi, però, sempre più spesso capita che i tennisti professionisti incorrano in lesioni dei muscoli obliqui dell’addome, che si manifesta con un dolore immediato, acuto, trafittivo e invalidante e, in taluni casi, con forti spasmi addominali.

Arturo Guarino

Continuare a giocare è allora altamente sconsigliato, perché l’unica cosa che può permettere la guarigione è in questo caso il riposo.

Di questo infortunio emergente parla il dott. Arturo Guarino, direttore della Traumatologia Sportiva dell’ASST Gaetano Pini-CTO di Milano: «di solito gli infortuni ai muscoli obliqui sono caratteristici dei calciatori; invece, la letteratura scientifica evidenzia maggiormente lesioni del retto addominale tra i tennisti. Eppure, i grandi campioni hanno problemi agli obliqui. Questo si spiega perché l’evoluzione del gesto è sempre più alla ricerca di una precoce anticipazione dell’impatto della racchetta sulla pallina, imponendo una rotazione massima del tronco, a bacino pressoché fermo e tale esasperazione è resa possibile solo grazie al reclutamento oltre misura degli obliqui, che possono andare incontro a banale dolenzia da overuse fino a vere e proprie lacerazioni».

Quando gli obliqui vanno incontro a infortunio di norma il giocatore se ne accorge: la diagnosi deve però essere confermata con l’ecografia prima e la risonanza magnetica poi: questo è infatti l’esame gold standard. Come si procede poi? Come detto il riposo è fondamentale, anche perché la muscolatura addominale viene sollecitata di continuo anche senza bisogno di allenarsi o fare movimenti strani… quindi ci mette più tempo a guarire.

Riprende il dottor Guarino: «a seconda della gravità dell’infortunio, è presumibile un periodo di riposo assoluto dalle 2 alle 5 settimane. La cicatrizzazione della lesione, infatti, ha dei tempi biologici che prescindono dall’essere più o meno uno sportivo. Serve poi un periodo di riabilitazione. La ripresa della motricità varia in base alla sintomatologia del paziente. Consiglio di iniziare il percorso di riabilitazione in acqua, questo perché qui si perde il carico gravitario ed è possibile eseguire movimenti più dolci.

Il percorso si intensifica sulla base della risposta algica del paziente ed è possibile aggiungere delle terapie a scopo antalgico, come la tecarterapia, fino ad arrivare a una ripresa funzionale, mediamente non prima di due mesi dall’infortunio».
Occorre poi proseguire con dei monitoraggi per valutare il neonato tessuto che sarà ricco in fibre cicatrizzali, certo meno elastiche di quelle muscolari.

«Diventa allora particolarmente importante fare esercizi di riscaldamento, allungamento e stretching, soprattutto per l’atleta professionista. Al giocatore amatoriale che ha sofferto lo stesso danno consiglio di riprendere a giocare solo quando la sintomatologia, anche minimamente fastidiosa, si sia completamente annullata e non prima di un percorso riabilitativo dolce e gradualmente intensificato».
Il rischio, in caso contrario, è di incorrere in nuove e fastidiose lesioni a questi importanti muscoli.

Stefania Somaré