L’attività fisica intensa dopo protesi di ginocchio e spalla incide sul tasso di revisione?

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L’artrosi di ginocchio e di anca provoca dolori e limitazioni funzionali che, di solito, vengono inizialmente gestiti con interventi conservativi. Quando questi non portano più risultati, di norma si procede con l’impianto di una protesi.

In molti casi questo intervento ripristina la funzionalità articolare, permettendo ai pazienti di riprendere anche la propria attività sportiva e lavorativa. Il numero di pazienti che viene sottoposto ad artroplastica quando ancora in attività lavorativa è elevato; a questi si aggiungono i tanti pazienti, anche over 60, che continuano a praticare attività sportive, tra cui corsa e ciclismo. Come conseguenza, spesso dopo l’intervento le protesi e i tessuti che le sostengono vengono sottoposti a stress meccanico.

Viene spontaneo chiedersi se queste attività, soprattutto quando ad alta intensità, incidano in qualche modo sull’esito a lungo termine dell’intervento, per esempio favorendo lo sviluppo di artrosi periprotesica, minando la stabilità dell’impianto e incrementando il rischio di revisione. Anzi, va sottolineato che l’associazione tra attività intensa a carico di anca e ginocchio e artrosi è già una evidenza: la domanda è quindi lecita. Una recente revisione sistematica della letteratura, condotta dall’Università di Southampton (UK), ha cercato di dare risposta a questo quesito, purtroppo con scarsi risultati.

Gli autori hanno infatti cercato in Embase, Scopus e Medline studi che mettessero in relazione l’incidenza di revisione di protesi di anca e ginocchio con la pratica di attività fisiche intense. Per essere inclusi, gli studi dovevano essere necessariamente studi randomizzati controllati, studi di case-control e studi di coorte. Prendendo in considerazione il periodo compreso tra il 1985 e il 2021, è stato però possibile selezionare solo 13 articoli, dei quali 9 relativi a protesi di anca e 4 a protesi di ginocchio. Importante, in questi studi, era la raccolta dei dati su attività fisica svolta dai pazienti, necessaria per poter fare connessioni tra questa e la necessità di revisione: purtroppo questo dato, presente in tutti e 13 gli studi, era in ogni caso molto disomogeneo.

Gli autori hanno quindi definito la qualità degli studi inclusi come “ottima” solo in due casi, come “accettabile” in sei e come “scarsa” o “molto scarsa” negli altri. Ciò, insieme alla eterogeneità di altri aspetti come numero di partecipanti e tipologia di tecnica di intervento, ha spinto i ricercatori a propendere per una revisione narrativa, in grado di dare un quadro della situazione ma non di arrivare a delle conclusioni certe. Ecco allora alcuni dei risultati messi in evidenza dallo studio. Tra gli studi (5) che hanno valutato il ruolo dell’attività lavorativa dopo l’artroplastica di anca, due hanno trovato una associazione positiva con le attività agricole preoperatorie, uno ha riportato un aumentato rischio di revisione nei soggetti che svolgono attività lavorativa pesante e uno no ha individuato alcuna associazione.

Il rapporto tra revisione di protesi di anca e attività sportive o comunque del tempo libero hanno dato esiti inconsistenti, dato che gli studi hanno portato a risultati contrastanti tra loro. E questi sono solo alcuni esempi: in generale la letteratura presente è di scarsa qualità è non consente di giungere a una evidenza chiara. Gli autori suggeriscono quindi di allestire studi per valutare questo aspetto, anche per orientare al meglio i consigli postoperatori dei chirurghi ortopedici stessi.

(Lo studio: Zaballa E, Harris EC, Cooper C, Linaker CH, Walker-Bone K. Risk of revision arthroplasty surgery after exposure to physically demanding occupational or leisure activities: A systematic review. PLoS One. 2022 Feb 28;17(2):e0264487. doi: 10.1371/journal.pone.0264487. PMID: 35226696; PMCID: PMC8884506)

Stefania Somaré