Invecchiamento attivo, il ruolo della fisioterapia

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Da anni l’Europa è attiva in programmi di invecchiamento attivo che puntano a sviluppare nella cittadinanza abitudini sane che supportino la salute nelle varie fasi di vita dell’uomo.
Vari gli aspetti da prendere in considerazione, tra i quali certamente una sana alimentazione, l’attività fisica, la prevenzione e la socialità.

Antonio Culcasi, presidente del Comitato Esecutivo Nazionale (CEN) del GIS in Fisioterapia nell’Anziano e nell’Invecchiamento Attivo (FAIA) dell’Associazione Italiana di Fisioterapia, ricorda che, «per costruire dei nuovi modelli che abbiano al centro l’anziano e un suo invecchiamento sano e attivo è necessario che ricerca, scienza e politica vadano di pari passo, in un connubio forte. È inoltre molto importante il dialogo con i cittadini, con cui costruire questo percorso».

Per questo, l’obiettivo del GIS FAIA è sviluppare una rete solida che operi intorno al soggetto anziano perché possano godere delle migliori cure e percorsi.
Sempre Cuclasi sottolinea che «tra gli elementi essenziali dei nuovi modelli organizzativi vi sia un vero lavoro di équipe multidisciplinare, dove ciascuna figura sia realmente libera di esprimere al massimo le sue potenzialità in una integrazione positiva, efficace ed efficiente».

AIFI ha parlato di invecchiamento attivo in un evento tenutosi presso l’Irccs Istituto Ortopedico Rizzoli di Bologna.
Le previsioni dicono che il numero degli anziani aumenterà in continuo, arrivando a rappresentare più di un terzo della popolazione entro il 2050: per evitare che i sistemi sanitari collassino sotto le richieste di salute degli over 65, bisogna muoversi per tempo.
Si aprono così nuovi scenari anche per la fisioterapia, «sia rispetto a nuove competenze da acquisire sia rispetto a nuovi modelli organizzativi da proporre», spiega Culcasi.

Un esempio virtuoso è, per esempio, l’attivazione del servizio di fisioterapia di comunità, già esistente in Regione Toscana.

Quali caratteristiche devono avere questi nuovi modelli organizzativi? Secondo Culcasi e AIFI, devono vertere sul protagonismo del paziente, che deve essere coinvolto in modo attivo. Occorre inoltre pensare alla fisioterapia in termini preventivi e non solo riabilitativi, promuovendo quindi l’attività fisica con programmi di fisioterapia personalizzati, che tengano conto delle caratteristiche del paziente e che superino l’ottica prestazionale.

Utile sarebbe utilizzare anche le tecnologie assistive, l’intelligenza artificiale, i sensori indossabili e gli stimolatori elettrici, perché nel loro insieme permettono di ridurre i rischi connessi all’attività fisica, come per esempio quello di caduta, che negli anziani può tradursi in rottura del femore.

Altro aiuto può arrivare dalla teleriabilitazione, che offre la «possibilità di aumentare il contatto e la continuità assistenziale al domicilio del paziente, di mantenere i monitoraggi e di stimolare e promuovere l’autotrattamento a domicilio, che è più favorevole sia in termini di logistica, sia di motivazione».

L’idea è di permettere all’anziano di invecchiare conservando una certa funzionalità e forza muscolare, collegati anche al metabolismo e all’energia del corpo.
«Su questi aspetti», riferisce Culcasi, «sono già al lavoro parecchi Ordini dei Fisioterapisti».

Bisogna, però, anche modificare le indicazioni presenti nelle linee guida, aggiornandole man mano che la ricerca e le sperimentazioni individuano metodi efficaci di supporto all’invecchiamento attivo.