Secondo un team giapponese, per capire quali pazienti potrebbero beneficiare dell’uso di un KAFO (knee-ankle-foot orthosis) per camminare meglio si può utilizzare la forza muscolare dell’arto inferiore colpito.
Dati OMS dicono che ogni anno si verificano nel mondo più di 12 milioni di eventi ictus, nel 62% dei casi a carico di soggetti over 70. Se vogliamo la stima di quante persone convivano con gli esiti dell’ictus, potremmo dire più di cento milioni, molti dei quali presentano difficoltà motorie.
Non sempre, infatti, la riabilitazione effettuata una volta rientrato l’evento acuto è in grado di supportare il completo recupero delle funzionalità perse, che possono essere tanto a carico dell’arto superiore, quanto dell’arto inferiore.
Ciò pone i sistemi sanitari davanti all’esigenza di favorire una buona qualità di vita anche in questi pazienti.
Il ruolo della riabilitazione e dei tutori
Negli ultimi anni è stato dimostrato che un approccio terapeutico, anche precoce, favorisce quel rimodellamento delle aree cerebrali capace di creare nuove connessioni e, quindi, di ristabilire alcune delle funzioni lesionate, dal passo all’uso della mano.
In alcuni casi, però, accanto agli esercizi riabilitativi può essere utile affiancare anche l’uso di tutori, come per esempio i KAFO (ginocchio-gamba-piede), che vanno a stabilizzare le articolazioni di ginocchio e caviglia, favorendo un passo più stabile.
Il fatto è che, proprio parlando di KAFO, non si è ancora ben capito come individuare i pazienti che ne avrebbero maggiore bisogno. Una lacuna che alcuni ricercatori giapponesi hanno provato a colmare con uno studio.
Alla ricerca di indicatori da usare in clinica
Condotto dalla Fukushima Medical University e da due ospedali, il Kohnan Hospital di Sendai e Nishiyamato Rehabilitation Hospital di Nara, questo studio retrospettivo coinvolge 51 pazienti con emiplegia severa che non erano in grado di camminare senza il supporto di un KAFO a 10 giorni dall’evento acuto.
I soggetti sono quindi stati divisi in 2 gruppi: quello di chi, a 1 mese dall’ictus, non aveva più bisogno del KAFO (23) e quello di chi, al contrario, continuava a necessitare il tutore (28). I soggetti sono stati sottoposti a una serie di misurazioni di forza della muscolatura della gamba e di test funzionali: i dati ottenuti sono stati quindi analizzati nei due gruppi per capire quali indicatori si possono utilizzare per capire quali pazienti avranno bisogno di KAFO più a lungo nel tempo.
Gli autori hanno inizialmente individuato la forza della muscolatura della gamba lesa e la gravità della pusher syndrome, ma il primo indicatore si associa alla maggiore abilità predittiva, avendo un’area sotto la curva ROC pari a 0,80. Da sottolineare che per valutare questo parametro il clinico, o il fisioterapista, necessitano di un semplice dinamometro manuale.
Si tratta quindi di un test semplice che però potrebbe aiutare il professionista nel comprendere i bisogni del proprio paziente. Certo, questi risultati andrebbero confermati su un campione più ampio di pazienti.
(Lo studio: Abe, Hiroaki et al. ‘Lower Limb Muscle Strength of the Affected Side in Stroke Patients Is an Accurate Predictor of the Need for a KAFO’. 1 Jan. 2023: 1-12)