Guide operatorie 3D nel trattamento della displasia di anca nei bambini

La displasia congenita dell’anca presenta incidenze differenti a seconda delle etnie considerate. Facendo riferimento all’American Academy of Pediatrics, il rischio relativo complessivo di incidenza di displasia congenita dell’anca nei bambini sarebbe di 11.5 ogni 1000 nati vivi. Come noto, le femmine hanno un rischio maggiore dei maschi, si parla di 19 casi ogni 1000 nati vivi, contro 4.1. In Italia l’incidenza varia tra 1 e 7 casi ogni 1000 nati vivi.
Se diagnosticata nei primi mesi di vita, questa deformazione può essere corretta con terapie conservative, tuttavia ci sono casi in cui l’approccio conservativo fallisce, richiedendo un intervento chirurgico, necessario anche in quei bambini che ricevono una diagnosi tardiva. Diversi gli approcci utilizzati: si va da una osteotomia pelvica con derotazione del femore prossimale a una osteotomia in varo.

In entrambi i casi, le nuove tecnologie 3D consentono di stampare le guide chirurgiche sul singolo paziente.
Un team di ricerca del Dipartimento di Chirurgia Ortopedica del Quarto Ospedale Affiliato alla Harbin Medical University, ad Harbin City (Cina), ha condotto uno studio randomizzato controllato, confrontando i risultati ottenuti in bambini sottoposti a osteotomia con guide stampate 3D con quelli di soggetti sottoposti a ostetomia tradizionale. 36 in tutto i soggetti coinvolti: 16 nel gruppo di studio e 20 in quello di controllo.
Ognuno ha seguito lo stesso iter pre-chirurgico, con radiografia del bacino e scansione TC dell’anca. A questo punto, i risultati delle scansioni dei bambini del gruppo di studio sono stati utilizzati per progettare l’intervento in modo paziente-specifico e stampare le guide chirurgiche. Per il gruppo di controllo, invece, il team chirurgico ha preso decisioni in una riunione apposita, basandosi comunque sugli esiti dell’imaging.

Gli autori hanno quindi confrontato una serie di indicatori: tempo operatorio totale; tempo operatorio del femore; tempo per la fluoroscopia; tempo per la fluoroscopia del femore; perdita ematica intraoperatoria; angolo collo del femore-diafasi post-operatorio; angolo di antiversione post-operatorio; durata dell’ospedalizzazione; costi dell’ospedalizzazione.
I risultati parlano chiaro: l’uso di guide personalizzate consente di ridurre i tempi operatori e di uso del fluoroscopio, sebbene non incida in alcun modo su tutti gli altri parametri presi in considerazione.

Come dire che la qualità dell’intervento è la medesima, così come i risultati finali e i tempi di ospedalizzazione richiesti per poter tornare a casa, ma una riduzione dei tempi operatori può ricadere positivamente sull’organizzazione del blocco operatorio stesso, magari aumentandone la produttività giornaliera.
Al tempo stesso, meno esposizione al fluoroscopio si traduce in minore dose radiante per i piccoli pazienti.
Infine, anche la perdita ematica si riduce, altro fattore positivo per questi soggetti che, data l’età, sono considerati fragili.

(Lo studio: Sun, J., Mu, Y., Cui, Y. et al. Application of 3D-printed osteotomy guide plates in proximal femoral osteotomy for DDH in children: a retrospective study. J Orthop Surg Res 18, 315 (2023). https://doi.org/10.1186/s13018-023-03801-w)