Gli interventi all’anca sono comuni e sono una sfida per i chirurghi ortopedici: la frequenza di questi interventi è dovuta sia all’artrosi dell’articolazione dell’anca e sia alle fratture del femore prossimale, molto diffuse tra gli anziani e tra le più frequenti cause di disabilità e perdita di autonomia. Questo tipo di intervento è impegnativo tanto per il chirurgo quanto per il paziente, per questo negli ultimi anni si è diffusa la ricerca di vie chirurgiche che permettano di risparmiare le strutture anatomiche profonde e portare a un recupero più veloce.
«La nostra equipe», spiega Roberto Abba, responsabile della divisione di Ortopedia I dell’Istituto Clinico Beato Matteo di Vigevano (Pavia), ha sperimentato con successo negli ultimi tre anni la cosiddetta “via anteriore” per l’impianto di protesi d’anca, sia per pazienti con artrosi sia per i pazienti fratturati. Si tratta di una tecnica mini invasiva che, grazie al minore impatto sull’anatomia del paziente, ha progressivamente aumentato la sua diffusione ed è stata adottata da importanti centri di chirurgia elettiva in tutto il mondo».
La chirurgia mini invasiva (MIS) garantisce la ricerca del minore danno possibile alle strutture “nobili” del paziente: vengono annullate, per esempio, le incisioni mio-tendinee, ovvero i muscoli vengono solo divaricati, non sezionati, e vengono protette le strutture vascolari e nervose vicine all’articolazione. La posizione in cui viene incisa la cute rende più facile l’accesso all’anca nelle persone obese, soprattutto se posizionate sul fianco, così come il risparmio della muscolatura periarticolare porta a diminuire il rischio di lussazione dell’anca.
Si tratta di una tecnica più lunga e complessa per il chirurgo, ma che comporta indubbi benefici per i pazienti. Spiega il Roberto Abba: «in tutti i casi trattati abbiamo notato vantaggi: minore rischio di lussazioni, minore cicatrice, minore dolore post operatorio con ridotte dosi di farmaci antidolorifici, precoce mobilizzazione attiva dell’arto, minori perdite di sangue, precoce canalizzazione intestinale, deambulazione immediata in carico, ridotto rischio di trombosi venosa profonda, ridotti tempi di ospedalizzazione. Tutti questi vantaggi sono importanti negli anziani, esposti fisicamente e psicologicamente ai rischi di una lunga permanenza in ospedale e aumentano le possibilità di successo anche in pazienti particolarmente fragili perché affetti da demenza, alterazioni dell’equilibrio, disorientamento, anemia cronica o insufficienza renale».