Fascite plantare, studio pilota sostiene le iniezioni di grasso autologo

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La fascite plantare è causata dall’infiammazione del legamento arcuato, tessuto che collega il tallone alla base delle dita e che aiuta a sostenere il peso del corpo. Un’eccessiva sollecitazione può causarne l’infiammazione e il conseguente dolore al passo, particolarmente acuto al mattino o dopo essere stati seduti a lungo.
La fascite plantare è la prima causa di tallonite, tra gli sportivi colpisce in particolare chi pratica corsa, basket, tennis e calcio, mentre nella popolazione generale colpisce chi per lavoro sta a lungo in piedi e chi è sovrappeso o obeso.

Ci sono poi casi di fascite plantare determinati dall’uso di scarpe con suola piatta o tacchi troppo alti: in entrambi i casi, il legamento arcuato viene sollecitato in modo eccessivo.
Nel mondo si parla di almeno due milioni di individui l’anno con questo problema, il 10% dei quali sviluppa un disturbo cronico e una fascite difficile da sconfiggere con i trattamenti più comuni (antidolorifici e antinfiammatori).

Nei casi più gravi si può ricorrere alle onde d’urto o alla chirurgia.
Uno studio della Scuola di Medicina dell’Università di Pittsburg ha proposto un metodo alternativo per trattare i pazienti cronici: l’iniezione di grasso autologo a livello della pianta del piede.
L’idea è che questo tessuto possa ridurre lo spessore della fascite e il dolore.

Jeffrey Gusenoff, primo autore dello studio, spiega: «abbiamo sviluppato questa procedura per sfruttare le qualità rigenerative del grasso e abbiamo dimostrato che l’uso di iniezioni di grasso permette di tornare alle proprie attività sportive e quotidiane».

Veniamo allo studio, che ha coinvolto 14 pazienti con una fascite plantare maggiore di 4 mm di spessore e per i quali i trattamenti standard si erano dimostrati fallimentari.

Due i gruppi di lavoro, uno formato da nove donne e l’altro da cinque: il primo è stato sottoposto a iniezione di grasso e seguito per 12 mesi; i secondi hanno fatto 6 mesi di osservazione, seguiti dall’iniezione e da ulteriori 6 mesi di follow-up.
In entrambi i gruppi si è vista una riduzione della fascite, sempre successiva all’iniezione: quindi a partire dai 6 mesi per il primo gruppo e dalla fine del secondo follow-up per il secondo gruppo.

Per quanto riguarda il dolore, invece, solo il primo gruppo ha tratto vantaggi, probabilmente perché il grasso necessita di tempo per agire le sue proprietà rigenerative e il tempo minimo per poter iniziare a giovare dall’iniezione sono 6 mesi: il gruppo 2 non ha quindi fatto in tempo a godere di questo risultato… tant’è che anche la pratica sportiva è ripresa per tutti dopo 6 mesi dall’iniezione.

Dati i risultati si può pensare di proseguire la ricerca su un maggior numero di pazienti. Individuare una strategia differente da quella chirurgica per chi sviluppa fascite cronica e spessa è importante, perché più di un paziente sviluppa successivamente dolore a causa delle cicatrici che si formano nella pianta del piede… non risolvendo, di fatto, il proprio problema.

(Lo studio: Gusenoff, Beth R. D.P.M.; Minteer, Danielle Ph.D.; Gusenoff, Jeffrey A. M.D. Perforating Fat Injections for Chronic Plantar Fasciitis: A Randomized, Crossover Clinical Trial, Plastic and Reconstructive Surgery: February 2022 – volume 149 – Issue 2 – p 297e-302e doi: 10.1097/PRS.0000000000008765)

Stefania Somaré