Diritto alla salute e spending review

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Close-up of male hand on wheel of wheelchair during walk in park

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L’Italia sta all’Unione Europea come il diritto alla salute sta alla spending review. In matematica si chiama proporzione, in politica non è altro che un’equazione imperfetta. A danno dei cittadini, in particolare delle persone con disabilità. Lo ha detto senza giri di parole il presidente della Corte dei Conti, Raffaele Squitieri, nel suo discorso inaugurale dell’anno giudiziario 2016 della magistratura contabile: la spending review finora è stata un «parziale insuccesso», con ricadute negative sui servizi ai cittadini. E quando si parla di servizi, al primo posto c’è la sanità, ovvero il capitolo più rilevante per la spesa pubblica. Una bocciatura chiara, all’interno di uno scenario, al contrario, tutt’altro che semplice.

A Bruxelles, a furia di sgomitare, il premier Matteo Renzi è riuscito a strappare qualche piccolo margine sui parametri che determinano il limite del 3% nel rapporto debito/Pil. La Commissione Europea ha già concesso un margine di 0,4 punti e si pronuncerà sull’ulteriore 0,6% del Pil nel mese di maggio. In pratica, potremo contare su qualche decimale in più in termini di flessibilità, per quest’anno e forse per il prossimo. Ma è poca roba, solo qualche zucchero in più in una dieta dimagrante ferrea come quella alla quale sono stati sottoposti i nostri conti pubblici, perché – questo appare evidente – i partner europei con l’Italia ci vanno sempre molto cauti e si fidano poco.

Inoltre la Bce, nel suo ultimo bollettino mensile, ha richiamato l’attenzione del Governo italiano: il rischio è «un significativo scostamento dai requisiti europei sui conti pubblici, anche se si decidesse in primavera di accordare maggiore flessibilità al Paese». Più che una previsione pessimistica, suona come una sconfessione delle nostre scelte politiche. Allora a questo punto le domande sarebbero le seguenti: stiamo davvero andando nella direzione giusta? Le nostre scelte in tema di spending review sono state efficaci? La nostra Pubblica Amministrazione è in grado di gestire un’eventuale maggiore spesa pubblica e tradurla in fattore produttivo? Sembrerebbe proprio di no, purtroppo, considerando il quadro generale.

Luigi Moschetti
Studio Legale Associato Ferraro&Mirra