La Tessera Professionale Europea e i tecnici ortopedici

Tesseta Sanitaria EuropeaÈ entrata in vigore di recente la Tessera Professionale Europea che snellisce alcune delle procedure burocratiche necessarie per poter andare a lavorare in un altro Paese dell’Unione Europea. Al momento ne possono trarre vantaggio solo poche professioni e in particolare, nel comparto della sanità, i fisioterapisti, gli infermieri, i farmacisti. Saranno loro a fare da test in questa prima fase sperimentale, che dovrebbe portare poi all’estensione della Tessera ad altre professioni, tra cui probabilmente anche il tecnico ortopedico. Ciò potrebbe facilitare non solo l’emigrazione di professionisti dall’Italia ma anche l’immigrazione verso l’Italia, aprendo la strada a nuovi scenari.

La Tessera Professionale Europea potrebbe rendere più semplice la fase di riconoscimento del proprio titolo professionale. Secondo Silvia Guidi, presidente dell’Associazione professionale dei tecnici ortopedici Toi Nel Mondo, «prima di tutto sarebbe però necessario aprire un tavolo di lavoro apposito per uniformare i titoli presenti nei diversi Paesi dell’Ue e la formazione per ottenerli. Altrimenti si rischia di generare un grande caos nel mondo del lavoro. Faccio un esempio pratico: in alcuni Paesi europei, come la Germania, accanto alla figura del tecnico ortopedico che opera sulle persone, vi è quella del meccanico ortopedico, un artigiano che lavora in officina e che però non può toccare il cliente per prendere misure o altro, l’equivalente di un nostro operaio specializzato. Ma esistono anche differenze nella durata dei corsi di laurea, con alcuni Paesi che hanno corsi di quattro anni invece che di tre, come in Italia. Insomma, c’è confusione». La denominazione stessa del titolo professionale è diversa. «In Spagna, per esempio, non si parla di tecnico ortopedico, ma di ortoprotesista», interviene Salvo Ferranti, consigliere del direttivo nazionale Fioto. E questo è solo un esempio. «Fare chiarezza», spieha Guidi, «aiuterebbe i professionisti a inserirsi in un mercato del lavoro ben definito. Da questo punto di vista al momento è più facile spostarsi in Paesi non Ue, come per esempio il Canada, l’Australia e il Brasile, dove il percorso di studi è molto simile al nostro».

Secondo Ferranti, la questione non è solo relativa al percorso formativo, e dunque alle materie di studio, ma anche al tipo di programma sviluppato per ogni materia. «Il rischio è di vedere giungere in Italia professionisti, magari anche laureati, delle cui competenze e conoscenze non possiamo essere affatto sicuri. Inoltre», continua Ferranti, «è necessario mettere ordine anche nelle diverse figure sanitarie italiane per evitare che, come avviene ora, vi siano sovrapposizioni di competenze. Il tutto viene inoltre reso ancora più nebuloso dalle anticipazioni che si sono avute sull’aggiornamento dell’assistenza protesica contenuta nel Dpcm di riforma dei Lea, nel quale la figura del tecnico ortopedico non viene neanche menzionata, ma sostituita da un generico “operatore sanitario”. Questa mancanza di riconoscimento specifico del tecnico ortopedico nel segmento dei Lea/Protesica rischia di generare in futuro inutili contenziosi sulle competenze professionali». Quindi, affinché il flusso di professionisti nel settore possa essere proficuo, sarebbe necessario raggiungere un’uniformità dei percorsi di studi e dei titoli esistenti nel nostro Continente. Ciò «permetterebbe un riconoscimento automatico delle competenze professionali nell’Ue», afferma Guidi. «Detto ciò, è chiaro che abbiamo accolto con favore la novità relativa alla tessera professionale. L’idea di un “passaporto” lavorativo è senza dubbio positiva», prosegue la presidente Toi Nel Mondo, che racconta: «per consentire ai nostri studenti di accedere al programma Erasmus abbiamo preso contatti con altre realtà italiane già inserite in questo contesto, come la facoltà di ingegneria robotica dell’Università di Pisa, con cui collaboriamo come categoria dei tecnici ortopedici».

Stefania Somaré