Sport, soprattutto invernali favoriti dal contesto ambientale e dalla velocità, esposizione professionale, legata ad esempio all’uso di strumenti a rischio, come seghe o altri oggetti da taglio, incidenti domestici e occasionali, quali un violento schiacciamento nella portiera di un autoveicolo, sono solo alcuni dei contesti che possono mettere a serio repentaglio la salute di un arto, in tutta la sua estensione (mano-spalla), fino a richiedere interventi ad alta complessità o demolitivi.

Il successo clinico-terapeutico, ovvero il recupero strutturale e funzionale dell’arto superiore, è determinato da una pluralità di fattori: tempestività della presa in carico del paziente, corretto approccio diagnostico-terapeutica, definito sulla base del quadro clinico, età del paziente, contesto di salute generale, esigenze della persona, a fronte tuttavia di molteplici variabili che potrebbero incidere sulla buona riuscita dell’intervento e/o del trattamento.

Centri con limitata expertise e non adeguatamente equipaggiati in termine di strumenti e tecnologie, valutazione clinico e decisionale non ottimali, risposta insoddisfacente del paziente al trattamento, scarsa motivazione al recupero, compliance alle indicazioni di cura, collaborazione attiva e partecipativa: aspetti che oltre all’outcome clinico, possono condizionare anche l’esito estetico finale. Temi che sono stati discussi in occasione del Congresso Nazionale AIRM (Associazione Italiana Riabilitazione Mano) su Complicanze e insuccessi in riabilitazione della mano: prevenirli, trattarli e trarne insegnamento, congiunto al 63° Congresso nazionale SICM (Società Italiana Chirurgia della Mano), tenutosi a Milano dal 2 al 4 ottobre.

Una platea di esperti ha condiviso know-how e criticità per tracciare linee guida a benefico del paziente e della riduzione di errori diagnostico-terapeutici.

Dolore come concausa degli insuccessi, rigidità articolari e tendinee, innovazioni terapeutiche applicate a specifiche patologie, come tutori in oro e argento per la gestione conservativa della deformità a collo di cigno, l’uso di splint nel morbo di Dupuyten o in forme di rizoartrosi, taping elastico con indicazioni di impiego in determinati quadri clinici, non ultimo lo stesso nel morbo, il ruolo cruciale della riabilitazione: questi tra i temi trattati nel corso del Ccongresso.

E ancora: soluzioni e approcci, dai più tradizionali alle strategie innovative, che accompagnano in un percorso di continuità di cura e personalizzazione del trattamento, il paziente dalla diagnosi alla terapia.

Obiettivo: potenziare efficacia e efficienza dell’opzione terapeutica, quindi migliorare gli outcome clinici, così come i tempi della ripresa funzionale dell’articolazione, preservando la più alta qualità della vita per il paziente, riducendo quando più possibile l’impegno terapeutico in relazione al numero e alla durata delle sedute e dei trattamenti.

Un panorama della mano settorializzata nei suoi vari segmenti: polso, dita, falangi, fascia ed altre componenti muscolo-tendinee ed ossee, e dei diversi possibili interessamenti patologi, così come delle implicazioni e complessità chirurgiche e post, da cui non si esclude una compromissione della funzionalità dell’articolazione stessa.

Contesti clinici che, a seconda delle severità della lesione e dell’intensità dei sintomi, possono essere trattati con soluzioni e approcci tradizionali, in integrazione e/o esclusivamente con strumenti innovativi, come supporti customizzati, disegnati e realizzati con tecniche in 3D su contesto patologico e sui bisogni funzionali dell’arto e della persona, o altre tipologie di ortesi.

Sono state alcune delle tematiche alla discussione della prima giornata con la presentazione di casi clinici che hanno contributo ad uno scambio di know-how interattivo offrendo l’opportunità di Q&A, al termine di ogni Panel e Sessione, utili a informare sullo stato dell’arte, il più attuale anche di quadri patologici complessi: a formare con un importante training educazionale la ricca platea di giovani medici, futuri professionisti di alta specialità della mano.

Complessità e insuccessi nella presa in carico

Proseguendo nel fil rouge del Congresso, la discussione delle complessità degli insuccessi nella gestione della presa in carico e trattamento della mano, la seconda giornata si è caratterizzata anch’essa per l’alternanza di comunicazioni libere e presentazioni tecniche, ad esempio, sull’algoneurodistrofia, nota anche come sindrome dolorosa regionale complessa (CRPS), una condizione dolorosa cronica che colpisce spesso le estremità come la mano, spesso misconosciuta rispetto al BMS (Bone Marrow Edema, edema del midollo osseo), ovvero all’accumulo di liquido all’interno dell’osso della mano, causa di dolore, gonfiore e pressione sull’arto, o sulle più ricorrenti problematiche correlate all’instabilità del polso e ai potenziali fattori causativi con tips&trick per non incorrere in errori di valutazione, diagnostico-terapeutici.

Queste hanno riguardato l’illustrazione di casi speciali e originali: un programma riabilitativo strutturato e personalizzato per pianisti concertisti, un fattore di esposizione professionale al possibile sviluppo di distonia focale, con impatto sull’agilità, velocità digitale e dei movimenti sulla tastiera del pianoforte, ad esempio, l’esame di fattori che possono impattare sulla stabilità dell’articolazione del polso  come l’interessamento della fascia o di aspetti condizionanti le rigidità  gomito  o le cause di insorgenza di neuropatia ulnare legata, ad esempio, all’utilizzo di oggetti di uso comune come lo smartphone.

Non ultimo, sono stati occasione di confronto e discussione problematiche meno ricorrenti nella pratica clinica casi, quali protesizzazioni della mano a pence, la riabilitazione di un paziente con spasticità o pediatrico e/o la gestione di problematiche apparentemente semplici come la frattura di Symour, fonti di errori di presa in carico e gestione  terapeutica

Focus trapianti

Di particolare interesse, nella giornata congressuale conclusiva, l’ampia trattazione delle complicanze microchirurgiche nei trapianti e/o nei reimpianti in cui è stata sottolineata l’importanza di un’a ‘accurata valutazione e inquadramento del paziente nella sua complessità e totalità, di una relazione empatica medico-paziente e medico-famigliari, nel caso di minori, tale da favorire una aperta e trasparente discussione su vantaggi, rischi e insuccessi di un eventuale trapianto di parte delle  componenti della mano, come falangi o di un intero dito, o dell’intero/parziale arto, tenuto conto che il parere medico non deve esser influenzato dalla volontà del paziente, soprattutto nel caso in cui non esistono le condizioni per procedere a un intervento ad alta complessità come lo è un trapianto.

Si ribadisce che per quanto altamente legati ad un’alta percentuale di insuccesso, ad esempio per complicanze vascolari, di rigetto dell’arte, tale fattore non deve essere considerato elemento limitante o di esclusione alla valutazione di un (re)impianto. Cruciale in questo cluster di pazienti, il contributo e il ruolo del fisioterapista/riabilitatore in grado di riportare il paziente, con un percorso personalizzato, ad una buona ripersa dell’arto e del segmento oggetto del trattamento. Percorso di recupero che, se necessario, può avvalersi anche di soluzioni innovative, come la realtà virtuale con l’uso di visori. La pratica clinica ha, ad esempio, dimostrato come pazienti refrattari a sedute e programmi di recupero dell’arto in contesti di realtà, abbiamo condotto efficacemente esercizi e planning terapeutici con buoni outcome con esperienze immersive.

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