AFO e PCI, differenti usi in Nord Europa

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Alterazioni di tono muscolare, controllo motorio, postura e, nel tempo, difficoltà nel camminare e stare in piedi: questi sono gli effetti principali della paralisi cerebrale infantile (PCI), termine che identifica gli effetti di una lesione precoce a livello cerebrale quando il cervello è ancora immaturo.
Data la sua eziologia, la PCI è una patologia cronica che accompagna il soggetto per tutta la vita.

Il lavoro del team di cura consiste nel favorire il mantenimento delle funzioni corporee, anche tramite l’uso di ausili, e i tutori di piede-caviglia (AFO, ankle-foot orthosis) sono i più utilizzati perché aiutano a mantenere la corretta posizione del piede durante il passo.

Uno studio nordeuropeo valuta l’uso degli AFO in bambini con PCI in Svezia, Norvegia, Finlandia, Danimarca, Scozia e Islanda, comparandolo e cercando di categorizzarlo per età, genere e livello di disfunzione, quest’ultima calcolata con il Gross Motor Function Classification System (GMFCS).
Il gruppo di ricerca parte da una mole di dati aggregati, presi dai Registri di malattia di ogni Paese, per un totale di 8928 soggetti. Per comodità, gli autori hanno diviso i partecipanti in 3 diversi gruppi di età: 2000-2005, 2006-2011 e 2012-2018.
Lo studio mette in evidenza alcune caratteristiche tra i Paesi coinvolto. Per esempio, lo Stato con la maggiore percentuale di bambini con PCI che usa AFO è la Scozia, con un 57%, mentre quello dove si usa meno è la Danimarca, con un 35%. Gli altri si attestano nel mezzo: Norvegia con un 56%, Svezia con un 51%, Finlandia con un 43% e Islanda con un 39%.

Emergono differenze di utilizzo anche relative agli anni di nascita. Per esempio, tranne che in Danimarca il gruppo di bambini che usa meno gli AFO è quello nato tra il 2000 e il 2005; in Danimarca lo stesso avviene nel gruppo nato tra il 2012 e il 2018. Sembrano essere diverse anche le indicazioni all’uso di questi tutori: in Svezia, Norvegia e Islanda vengono prescritti soprattutto a bambini con PCI discinetica, mentre negli altri Stati in soggetti con spasticità bilaterale. Anche il livello di GMFCS influenza la prescrizione di questi dispositivi che, in effetti, è maggiore nei soggetti con PCI di livello III (58–80%) e minore in quelli con una PCI di livello I (20–42%). Non sembrano invece esserci differenze relative al genere dei pazienti.

Nella loro discussione, gli autori forniscono alcune possibili spiegazioni a questa eterogeneità, legata probabilmente a preferenze anche storiche nell’uso degli AFO e a convinzioni tra gli specialisti rispetto a chi potrebbe beneficiarne maggiormente. Sebbene un uso improprio di questi dispositivi in bambini con PCI probabilmente non comporti effetti negativi sulla loro muscolatura, potrebbe comunque incidere sulla loro qualità di vita, rendendo loro difficile svolgere alcune semplici attività quotidiane, come allacciarsi le scarpe. Occorre inoltre tenere conto della difficoltà economica in cui versano molti sistemi sanitari. Gli autori pensano che questi dati possano fornire la base per ulteriori studi e la definizione di linee guida comuni che permettano di prescrivere gli AFO in modo evidence based ai bambini con PCI. Lo studio è pubblicato su “BMC Musculoskeletal Disorders”.

(Lo studio: Stockman, J., Eggertsdóttir, G., Gaston, M.S. et al. Ankle-foot orthoses among children with cerebral palsy: a cross-sectional population-based register study of 8,928 children living in Northern Europe. BMC Musculoskelet Disord 24, 443 (2023). https://doi.org/10.1186/s12891-023-06554-z)