Sono sedici gli articoli inclusi in una recente scoping review che indaga quanto sia effettivamente diffusa la stampa 3D nella realizzazione di dispositivi ortopedici per le disabilità.
Con l’invecchiamento della popolazione mondiale aumenta anche la richiesta di presidi ortopedici, come protesi e tutori. Secondo l’OMS, entro il 2030 ben 2 miliardi di persone necessiteranno almeno di un presidio. Se è vero che esiste la produzione industriale, capace di realizzare un buon numero di dispositivi, lo è anche che per molte patologie il prodotto su misura è più efficace.
Produrre una protesi o un tutore richiede tempo e tanta esperienza: due componenti che incidono sul costo finale, in alcuni casi limitando la possibilità di acquisto da parte dell’interessato.
Una soluzione potrebbe essere la stampa 3D, già usata per esempio per la produzione di protesi nei Paesi in via di sviluppo all’interno di progetti ad hoc. Entrata nel mercato dell’ortopedia da qualche anno, oramai, questa tecnologia potrebbe ridurre i costi di produzione e migliorare l’accesso ai dispositivi ortopedici.
Una scoping review brasiliana, condotta dall’Università Federale e dall’Università Federale Rurale di Rio de Janeiro e dall’Università Federale di Santa Caterina, valuta quale sia il tasso di utilizzo della stampa 3D all’interno dei centri di riabilitazione.
Tipologie di dispositivi ortopedici in letteratura
Per ampliare il bacino di ricerca degli studi di letteratura, il team ha preso in considerazione lavori in lingua inglese, portoghese e spagnola. Gli articoli inclusi alla fine della selezione sono 16, tra loro molto diversi per patologia e device preso in considerazione e tipologia: nel 56,25% sono studi quantitativi, mentre nel 46,25 sono studi valutativi.
Interessante osservare che nessuno di questi lavori è stato condotto all’interno di un centro di riabilitazione. Ma quali sono i distretti corporei più interessati dallo sviluppo di device stampati in 3D? Secondo questa revisione di scopo, gli arti superiore sono al primo posto, con il 56,25% dei lavori, seguiti dagli arti inferiori (31,25%).
Più nel dettaglio, il due dei lavori sugli arti superiori si concentrano su una protesi di mano, uno su un invaso, uno sul polso, la mano e le dita, uno sull’intero arto. Per quanto riguarda, invece, l’arto inferiore, due studi sviluppano protesi di piede stampati in 3D e due lavorano sugli invasi. Solo uno studio si concentra sul ginocchio.
I Paesi più attivi
In questa visione di insieme è interessante osservare anche dove sono stati condotti gli studi, perché ciò fornisce indicazioni rispetto ai Paesi dove c’è più fermento intorno alla stampa 3D di dispositivi ortopedici o quantomeno quelli dove si effettua più ricerca.
Dei 16 studi inclusi, la maggior parte è stata condotta negli Stati Uniti, che ne conta cinque. Seguono il Brasile, con tre, e il Regno Unito con due. Sono a un solo studio la Germania, la Cina, la Francia, l’Italia, Taiwan e la Turchia. La revisione è pubblicata su BMC Musculoskeletal Disorders.
Lo studio: Pereira JS, Xavier ASMS, Monteiro RDS, Cruz VV, Pereira MFS, Tholl AD, Felisbino J, Machado WCA. 3D-printed orthoses and prostheses for people with physical disability in rehabilitation centers: a scoping review. BMC Musculoskelet Disord. 2024 Oct 4;25(1):783. doi: 10.1186/s12891-024-07875-3. PMID: 39367410; PMCID: PMC11450997.