Definita come una frattura della pars interarticularis dell’arco vertebrale, la spondilolisi si manifesta in particolare durante lo sviluppo per un eccessivo carico agito nei confronti della colonna vertebrale.

Circa il 4,4% dei casi di spondilolisi occorre entro i 6 anni di età, mentre il 6% in giovani di età compresa tra i 19 e i 20 anni.Tra i giovani sportivi, forse per i microtraumi a carico della colonna associati alla pratica atletica, non sono rari i casi di spondilolisi, che causa dolore e riduzione della performance.

Un recente studio cinese, pubblicato su BMC Musculoskeletal Disorders, si concentra proprio su questa fetta della popolazione, cercando di capire quali siano gli esiti di tecniche chirurgiche atte a ridurre il movimento della zona coinvolta.

In particolare, le tecniche messe a confronto per la fissazione sono il metodo di Scott modificato, l’uso di viti peduncolari e la doppia stabilizzazione della parte, ottenuta con l’aggiunta di un fissaggio con viti laminari.

Metodo di studio applicato

Questo studio retrospettivo si concentra su 103 adulti attivi, di età compresa tra 10 e 40 anni, con spondilolisi a carico di L3/L4/L5. I pazienti sono stati trattati chirurgicamente in una delle modalità sopra indicate, presso lo stesso centro ortopedico: 43 con doppia stabilizzazione, 33 con il metodo di Scott modificato e 27 con un fissaggio con viti peduncolari.

In aggiunta, tutti i pazienti sono stati sottoposti a debridement istmico e a innesto autologo. Nel post operatorio, infine, tutti i soggetti coinvolti hanno seguito lo stesso protocollo riabilitativo.

Per capire quale sia il metodo più efficace da mettere in campo per questo genere di pazienti, molto attivi, gli autori hanno confrontato una serie di parametri: il dolore, misurato con la scala visuale analogica; la guarigione, osservata con tomografia computerizzata; la Lumbar Scoring Scale dell’Associazione ortopedica giapponese, le complicanze occorse; la classificazione di Pfirrmann raggiunta con l’intervento, valutata su immagine di risonanza magnetica.

I risultati dello studio

La prima osservazione fatta dagli autori è che, a un follow up effettuato tra gli 11 e i 24 mesi, il metodo chirurgico che porta al miglior tasso di guarigione è la fissazione con doppia stabilizzazione, che porta a un successo del 95,3%, da confrontare con l’88,9% della fissazione con viti peduncolari e con il 60,6% della fissazione con metodo di Scott modificato. Queste percentuali consentono anche di dire che la fissazione con doppia stabilizzazione e quella con viti peduncolari sono fattori indipendenti di predizione di guarigione nella tipologia di pazienti valutati.

Anche l’indice Lumbar Scoring Scale dell’Associazione ortopedica giapponese è più alto nella fissazione con doppia stabilizzazione (80,53%) e in quella con viti peduncolari (79,89%) rispetto alla fissazione con metodo di Scott modificato, che ottiene solo un 67,74% e che si associa a un 12% di fallimento dell’impianto.

Infine, le due modalità di fissazione più efficaci non mostrano associazione con un degenerazione del disco adiacente, il che permette di supportare le tecniche nel breve periodo. Gli autori hanno infine valutato i fattori che portano a una non union: il sovrappeso del paziente e la presenza di difetti di tipo II e III.

Wang, H., Niu, P., Yang, X. et al. Comparative outcomes of motion-preserving techniques for lumbar spondylolysis in young athletes. BMC Musculoskelet Disord 26, 1019 (2025). https://doi.org/10.1186/s12891-025-09219-1

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