I difetti posturali sono tra le maggiori problematiche per adulti e bambini.
Lo stile di vita odierno determina spesso degli atteggiamenti posturali scorretti che portano a una curvatura errata della colonna vertebrale che può tradursi a in cifosi e lombalgia.
Concorrono a queste condizioni anche un peso ponderale eccessivo, la presenza di rigidità o atonia muscolare e l’uso eccessivo di dispositivi elettronici. I difetti posturali possono essere corretti con il giusto percorso riabilitativo, senza dimenticare un intervento sugli stili di vita, per evitare le recidive.
Un altro difetto della colonna, che non viene però determinato da posture scorrette, è la scoliosi idiopatica. Anche in questo caso la riabilitazione è fondamentale per il percorso terapeutico, perché rallenta la progressione della patologia.
Un recente studio polacco, condotto dalla Silesian University of Technology e pubblicato su “Scientific Reports”, si concentra proprio sulla scoliosi, cercando di capire se esistano biomarker fisiologici e aspetti psicologici in grado di impattare sugli esiti della riabilitazione.
La domanda è sorta considerando che la scoliosi idiopatica colpisce soprattutto soggetti in fase di sviluppo, contribuendo a rendere ancora più complicato un momento della vita come l’adolescenza.
Un approccio multimodale è quindi fondamentale.
Gli strumenti utilizzati
Gli autori hanno lavorato con 20 pazienti dai 13 ai 18 anni con diagnosi di scoliosi, per un totale di 120 misurazioni.
Durante la prima sessione fisioterapica i partecipanti hanno dovuto prima compilare un questionario psicologico, lo State-Trait Anxiety Inventory, sotto misurazione di alcuni parametri fisiologici, come attività elettrodermica, temperatura cutanea e battito cardiaco. La misurazione è proseguita anche nel passaggio successivo, ovvero quello propriamente riabilitativo, eseguito con un prototipo ad hoc.
Dopo l’allenamento i pazienti hanno compilato un altro questionario atto a verificare le emozioni provate durante l’esercizio, potendo scegliere tra ansia, irritazione, paura, rabbia, dubbio e insicurezza.
Infine, gli autori hanno indagato il punto di vista del riabilitatore, che conosce da tempo i partecipanti allo studio, per capire quale fosse il loro livello di emotività, attività, socievolezza e timidezza. I risultati ottenuti in relazione all’ansia e alle altre dimensioni sono stati analizzati statisticamente per individuare dei trend.
Le categorie psico-emotive emerse
Sulla base dei risultati ottenuti gli autori hanno individuato una classificazione a cinque voci capace di caratterizzare i giovani pazienti e di aiutare i loro medici a utilizzare un approccio più adeguato e a modulare il percorso riabilitativo.
Le cinque categorie sono le seguenti:
- socievole, caratterizzato da livelli emotivi e timidezza bassi e da una grande apertura verso le novità;
- calmo, con emotività bassa, alto livello di attività, buona gestione dell’ansia e capacità di tollerare gli stimoli esterni;
- distante, con bassa emotività e socialità, alti livelli di attività e ansia e timidezza medie, capace comunque di affrontare le novità, anche se con maggiore ansia rispetto ai gruppi precedenti;
- inibito, ovvero con bassi livelli di attività e socialità, emotività e paura a livelli medi e alta timidezza, con scarso interesse nella relazione con gli altri;
- timido, simile alla categoria precedente, ma con una certa difficoltà nel capire le ragioni di una azione e una scarsa opinione del passato.
Ognuna di queste categorie si approccia in modo differente alla diagnosi e alla terapia proposta, pertanto va gestita in modo adeguato al fine di ottenere dei benefici fisici senza alterare quelli emotivi e psicologici.
Studio: Romaniszyn-Kania, P., Pollak, A., Kania, D. et al. Longitudinal observation of psychophysiological data as a novel approach to personalised postural defect rehabilitation. Sci Rep 15, 8382 (2025). https://doi.org/10.1038/s41598-025-92368-z