Eseguire esercizi mirati che replicano azioni che dovremo compiere nella vita di tutti i giorni rende sicuramente più gradevole ma soprattutto più veloce ed efficace la ripresa dopo un intervento di protesi d’anca, specialmente se parliamo di pazienti con comorbidità e in alcuni casi ancora in età lavorativa. È quanto emerso da uno studio pubblicato su Clinical Rehabilitation frutto delle osservazioni dell’équipe dell’Unità di Riabilitazione Specialistica Neuromotoria dell’Istituto scientifico di Lissone dell’Irccs Fondazione Maugeri guidata da Marco Monticone. Lo studio ha messo a confronto un centinaio di pazienti (60 uomini-40 donne), sottoposti a intervento di protesi d’anca totale al vicino Ospedale San Gerardo di Monza che, a causa delle numerose comorbidità (a livello cardiologico, respiratorio o endocrino) e della mancanza di adeguata assistenza a casa erano impossibilitati a seguire un percorso di rieducazione funzionale al domicilio. Entrambi i gruppi (di controllo e sperimentale) sono stati sottoposti a sessioni riabilitative di 90 minuti per cinque volte la settimana, per tre settimane. Il gruppo sperimentale è stato da subito avviato verso un percorso riabilitativo di esercizi mirati a riprodurre azioni di vita quotidiana: salire e scendere le scale, sedersi e rialzarsi dal letto o da una sedia, ma anche esercizi mirati ad aumentare le capacità di equilibrio attraverso azioni di cambio di direzione, arresto della camminata e ripartenza rapida, equilibrio in superfici instabili così come un mix delle stesse così da simulare quanto più possibile i movimenti cui si può andare incontro nella vita di tutti i giorni. Al pari, i pazienti hanno potuto far uso di entrambe le stampelle per riacquistare un andamento simmetrico della camminata dismettendole già al termine del soggiorno in ospedale. Una volta a casa, i pazienti hanno potuto portare avanti gli esercizi grazie a un booklet agile con illustrazioni degli esercizi e dettagliate modalità di esecuzione. Il gruppo di controllo invece ha seguito un percorso tradizionale per tre settimane caratterizzato da esercizi a catena cinetica aperta, tra i quali flessioni, estensioni e rotazioni dell’anca, esercizi mirati a migliorare l’elasticità e la tonicità muscolare dell’arto sottoposto a intervento. Al contempo i pazienti sono stati incoraggiati a fare uso di stampelle per aiutarsi nel cammino per almeno tre mesi dopo l’intervento. I risultati sono stati misurati sulla base di quattro variabili ovvero la riduzione della disabilità, del dolore, la capacità di riprendere le azioni quotidiane e il miglioramento della qualità di vita nel suo complesso. E tutti i valori registrati nel gruppo sperimentale si sono dimostrati decisamente migliori rispetto al percorso tradizionale, in particolare nella riduzione del dolore e nel miglioramento della capacità nelle azioni di vita quotidiana. «Abbiamo voluto affrontare il percorso riabilitativo per questi pazienti complessi ma in alcuni casi ancora in età lavorativa e comunque attivi, da un punto di vista diverso», afferma Marco Monticone responsabile dell’UO. «La scelta è stata di fare in modo che l’azione consueta che siamo abituati a compiere tutti i giorni, diventasse l’esercizio riabilitativo stesso. E ha funzionato, i nostri pazienti hanno apprezzato il percorso proposto e toccato con mano i benefici. Benefici che sono continuati per i 12 mesi successivi alla dimissione».