Protesi di mano, prototipo di soft hand centrato sul paziente

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Tra le protesi di arto superiore non c’è un modello migliore degli altri, semmai il modello più adatto al singolo paziente.
Alcuni preferiscono una protesi cinematica, più semplice da governare ma povera di movimenti, mentre altri preferiscono la protesi mioelettrica, più complessa e al tempo stesso versatile.
C’è chi, addirittura, possiede più di una protesi e sceglie di volta in volta quella più adatta al tipo di attività che deve svolgere.
Anche la comodità ha un ruolo importante nel processo di selezione.

Un team dell’Istituto Italiano di Tecnologia ha presentato una nuova protesi con 19 articolazioni indipendenti ma un unico punto di attivazione, sviluppata basandosi sul concetto di “progettazione incentrata sull’utente finale”, che implica cambiamenti non solo nell’hardware ma anche nei metodi di controllo che si devono adattare alle condizioni muscolari e corporee del soggetto.
L’idea è, quindi, di testare un prototipo con il paziente per raccoglierne idee, preferenze e difficoltà, per poi modificarlo.

Il design di questa protesi è ispirato a sinergie posturali nel controllo motorio, implementato con tecnologie soft-robotiche: messi insieme, questi due aspetti aumentano la robustezza del prodotto, l’interazione e permette di eseguire prese diverse.
Il prototipo può essere attivato o dall’attivazione muscolare, tramite dei sensori mioelettrici, o dal movimento del corpo, a seconda della preferenza del paziente e dell’azione da compiere.
Le dita della protesi sono costruite per aderire perfettamente all’oggetto da afferrare.

L’ambito di cui si parla nell’articolo è, in particolare, quello della preparazione e della partecipazione alla competizione “Cybathlon Powered Arm Prosthesis Race”, alla quale il team si è presentato con 3 piloti, ognuno dei quali con richieste ed esperienze differenti.

L’articolo si riferisce, inoltre, all’esperienza acquisita durante due edizioni della gara: la prima nel 2016, che ha permesso di individuare criticità poi valutate e risolte, per tornare nel 2020. Un primo aspetto evidenziato già nel 2016 e mantenuto è il vantaggio dato dalla leggerezza del device che, unita alla sua versatilità, consente all’utente di mantenere un assetto posturale corretto anche nelle azioni che richiedono di coordinare le due mani.

Inoltre, si osserva che la doppia possibilità di attivazione della protesi consente di selezionare la più adeguata al singolo compito da svolgere. Tuttavia, nel 2016 i 3 partecipanti non sono riusciti a completare tutti i compiti senza penalità.

Gli sviluppatori hanno quindi lavorato su alcuni aspetti, migliorandoli. Il primo è rappresentato da dimensione e peso, che sono stati diminuiti per ridurre l’ingombro. Anche il sistema di controllo è stato migliorato, per garantire prese stabili sul lungo tempo e ridurre il rischio di attivazioni involontarie.

Inoltre, sono state aumentate la forza e la precisione di presa e anche la durabilità, che è stata portata a circa 3 anni di utilizzo, con una batteria che dura 10 ore. Ultimo aspetto, non per importanza, è quello estetico: ora il prototipo può essere utilizzato sia con un guanto da lavoro che con uno in silicone che mima la cute.

La partecipazione a Cybathlon 2020 ha permesso di verificare la bontà dei cambiamenti attuati, fornendo ulteriori spunti di miglioramento. Il team di sviluppo vede la partecipazione anche del Centro di Ricerca E. Piaggio, dell’Università di Pisa, e dell’Università Tecnica di Monaco (TUM), in Germania.

(Lo studio: Capsi-Morales P, Piazza C, Grioli G, Bicchi A, Catalano MG. The SoftHand Pro platform: a flexible prosthesis with a user-centered approach. J Neuroeng Rehabil. 2023 Feb 8;20(1):20. doi: 10.1186/s12984-023-01130-x. PMID: 36755249; PMCID: PMC9906824)

Stefania Somaré