Protesi di ginocchio e anca, negli Usa volumi di intervento non rispettati

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I dati di letteratura mostrano da tempo un’evidenza che la qualità di un intervento chirurgico e degli esiti che determina è legata all’esperienza del chirurgo e della struttura ospedaliera in cui viene eseguito. Si parla di volume di attività. Inoltre, più complesso e specifico è un intervento più importante diventa tenere conto di questo aspetto.
È interessante capire se questa chiara indicazione venga rispettata.

Uno studio statunitense ha posto l’attenzione su questo aspetto relativamente all’artroplastica totale di ginocchio e di anca, due degli interventi elettivi più eseguiti nel Paese.
Gli autori hanno analizzato i trend dei volumi di attività per le artroplastiche eseguite tra 2009 e 2015, associandole poi ai tassi di complicanze e morte a 30 giorni dall’intervento. I pazienti presi in considerazione sono stati operati sotto il cappello di Medicare, il programma di assicurazione sanitaria statunitense per over 65.

In tutto sono state individuate 1.809.941 protesi di ginocchio, eseguite da 25.201 chirurghi, e 897.388 protesi di anca, eseguite da 18.793 chirurghi.
L’analisi ha rivelato che la maggior parte degli interventi è stata eseguita da chirurghi a basso volume di attività: 93% per l’anca e 88% per il ginocchio.

Per quanto riguarda le complicanze e la mortalità a 30 giorni, i numeri presentati dallo studio sono i seguenti: un tasso di mortalità dello 0,07% per la protesi di ginocchio e del 0,1% per la protesi di anca e un tasso di complicanze del 7,7% per la protesi di ginocchio e del 9,2% per la protesi di anca.
Per entrambi gli indici si è osservata un calo percentuale nel tempo dovuto probabilmente a miglioramenti di carattere tecnologico e dei percorsi terapeutici.

Gli autori hanno poi individuato una correlazione negativa tra tasso di complicanze e morte e volume di attività, sia riferito al singolo chirurgo sia riferito alla struttura ospedaliera.

Incrociando i dati, si è individuata una soglia minima di interventi eseguiti annualmente che andrebbe rispettata: 260 per tipologia di artroplastica. Sopra questo numero, infatti, non si osserva più alcuna diminuzione delle complicanze.
Si tratta di un numero elevato, che impone una forte specializzazione al chirurgo e costi altrettanto elevati. In Italia, per fare un paragone, la soglia di volume di attività per struttura sanitaria è di 100.

I dati del Piano Nazionale Esiti del 2020, riferiti al 2019, riportavano un numero di artroplastiche di anca pari al 115.988 e di artroplastica di ginocchio di 87.921: di queste, rispettivamente l’85,2% e il 79,1% sono state eseguite in centri erogatori di più di 100 interventi l’anno. La situazione pare essere, quindi, migliore nel nostro Paese.

Tuttavia, esite un problema lagato al volume di interventi, tanto negli Usa quanto da noi. Sempre il PNE del 2020, infatti, mette in evidenza come, su 757 strutture che eseguono artroplastica di anca, solo 415 raggiungono la soglia di volume attività. Ancora inferiore la proporzione per la protesi di ginocchio, dove su 729 ospedali coinvolti, solo 252 rispettano la soglia richiesta.

Si sottolinea la profonda diversità dei due sistemi sanitari considerati: gli stessi autori dello studio evidenziano che non è possibile rispettare completamente la regola dei volumi di intervento, perché ciò comporterebbe un aumento dei costi esagerato, riducendo l’accessibilità all’intervento per molte persone.

Occorre però trovare un equilibrio tra necessità di tenere i costi adeguati alle possibilità del paziente e aumentare la qualità delle cure, anche perché una TKA o THA mal eseguita può determinare costi elevati per il paziente e lo stesso sistema sanitario.
Pubblicato su The Journal of Arthroplasty, lo studio ha visto il coinvolgimento di due strutture: il Cleveland Clinic Center for Value-Based Care Research e la Cleveland Clinic.

(Lo studio: Pappas MA, et al. J Arthroplasty. 2022; doi:10.1016/j.arth.2022.05.011)

Stefania Somaré