In Italia da tempo esiste uno screening sui neonati per valutare la presenza di displasia congenita dell’anca, una patologia che se non ben trattata può portare allo sviluppo di artrosi secondaria all’anca anche in età precoce, richiedendo poi l’intervento di protesizzazione.

Il problema è che per i soggetti con displasia l’intervento non è così semplice come per le persone senza questa patologia e, come evidenziato nell’abstract di uno studio italiano (Di Martino A, Castagnini F, Stefanini N, Bordini B, Geraci G, Pilla F, Traina F, Faldini C. Survival rates and reasons for revision of different stem designs in total hip arthroplasty for developmental dysplasia: a regional registry study. J Orthop Traumatol. 2021 Jul 18;22(1):29. doi: 10.1186/s10195-021-00590-y. PMID: 34275012; PMCID: PMC8286209), «ogni impianto specifico utilizzato in questo contesto in passato è stato associato a qualche complicanza specifica».

I ricercatori dell’Istituto Ortopedico Rizzoli di Bologna attorio dello studio in oggetto hanno cercato di capire quali siano i tassi di sopravvivenza in questi pazienti e quali i rischi e quali siano le ragioni che portano alla revisione a seconda dei disegni di stelo specifici delle protesi disponibili.

Gli autori hanno quindi tenuto un registro regionale per le artroplastiche di anca senza cemento condotte per displasia tra il 2000 e il 2017. I pazienti sono stati stratificati in base al disegno dello stelo in tre gruppi: anatomico (ANAY), conico (CON) e laterale e rettangolare (TAP).

Un’altra divisione effettuata è stata basata sulla modularità. Alla fine, il registro comprendeva 2.039 pazienti con stelo TAP, 548 modulari e 1491 non modulari; 1.435 con stelo ANAT, 1072 modulari e 363 non modulari; 2.287 con stelo CON, 1020 modulari e 1267 non modulari.

Gli autori hanno così potuto mettere a confronto il tasso di sopravvivenza e i rischi connessi ai vari tipi di stelo. Partendo dal presupposto che i soggetti presenti nei diversi gruppi non erano completamente comparabili per le caratteristiche dell’impanto utilizzato, lo studio ha comunque trovato un alto tasso di fallimento associato all’uso di steli CON non modulari, dovuto soprattutto ad allentamento asettico della capsula (2,5%). Ora bisogna capire perché questo disegno protesico comporta un più alto rischio di fallimento.

Stefania Somaré