Piede piatto flessibile: un confronto tra metodi riabilitativi

Una revisione cinese si concentra sull’esercizio terapeutico, individuando le strategie più efficaci per incidere sull’indice posturale del piede e su quello funzionale.

Il piede piatto flessibile è una caratteristica che interessa una buona fetta di popolazione mondiale, con un’incidenza che si aggira tra il 13,6% e il 26,6%. Se il piede piatto non porta sintomatologia, la persona non deve seguire nessun iter terapeutico; qualora, invece, la condizione sia severa e determini dolore all’arcata plantare, alla caviglia, oppure tumefazioni laterali o posteriori del malleolo, stanchezza e dolori di schiena, conviene intervenire.

Se non trattato, in questi casi il piede piatto può causare a sua volte altre anomalie dell’avampiede, se non addirittura favorire la comparsa di artrosi di caviglia. Gli strumenti utilizzati per questa caratteristica del piede sono i plantari, il taping chinesiologico e gli antinfiammatori non steroidei. La chirurgia viene consigliata solo per condizioni severe.

Tra le possibili modalità di intervento c’è poi anche l’esercizio terapeutico, volto a rinforzare il tricipite e il tendine tibiale posteriore, così da limitare il cedimento dell’arco plantare.
Più di uno studio di letteratura supporta l’efficacia di questo approccio: ma lo è davvero? Cerca di rispondere una revisione di letteratura cinese, condotta dalla School of Sports Medicine and Rehabilitation della Beijing Sport University. Come spiegato dagli autori nell’introduzione allo studio, in Cina quello del piede piatto flessibile è un problema che interessa tra l’11,7% e il 39,5% degli atleti e tra il 25% e il 49% degli adolescenti, numeri che vanno ben oltre le statistiche.

Gli esercizi studiati

Gli autori hanno cercato studi incentrati sull’uso dell’esercizio terapeutico nel trattamento del piede piatto flessibile in nove database: PubMed, EMBASE, Web of Science, CENTRAL, SCOPUS, PRDro, Google Scholar, China National Knowledge Infrastructure (CNKI) e Wanfang data. Alla fine, sono 11 gli studi inclusi, tutti randomizzati e controllati, per un totale di 335 pazienti coinvolti, divisi tra gruppo di intervento e di controllo.

Gli studi presentano un basso rischio di bias, ma sono tra loro molto eterogenei, sia per esercizi utilizzati, sia per durata e frequenza degli interventi. Per scendere nel dettaglio, i pazienti del gruppo di studio hanno seguito sessioni da 10 minuti a 40 minuti, da una volta la settimana a 7 volte la settimana, il tutto per un periodo che va da 3 giorni a 12 settimane.

Per quanto riguarda gli esercizi, sono 12 le tipologie utilizzate: esercizio del piede corto (SFE); esercizio con l’asciugamano (TCE); allenamento della tibia posteriore + TCE; esercizio con funzioni non biomeccaniche (NBF); facilitazione neuromuscolare propriocettiva (PNF); SFE con biofeedback EMG; esercizio neuromuscolare focalizzato sull’anca; TCE + SFE; rafforzamento dei muscoli glutei; allenamento della muscolatura interna del piede combinato con rafforzamento del muscolo tibiale posteriore; rinforzo completo; usura delle ortesi + stretching + esercizio resistivo progressivo concentrico del tibiale posteriore; uso delle ortesi + stretching + ed esercizio eccentrico resistivo progressivo del tibiale posteriore.

Il gruppo di controllo ha invece ricevuto indicazioni per una corretta routine di cura del piede, attività da svolgere quotidianamente ed esercizi funzionali non biomeccanici.

L’esercizio terapeutico migliora assetto e funzionalità del piede

Gli autori della revisione confermano che, effettivamente, l’esercizio terapeutico porta miglioramenti tanto nell’arco plantare, offrendo maggior supporto, sia nella funzionalità del piede. Il lavoro arriva addirittura a individuare gli esercizi più efficaci per ogni scopo.

Per esempio, lo studio sottolinea che la migliore combinazione per incidere sul piede piatto flessibile è fatta di rinforzo del muscolo tibiale posteriore, unito all’allungamento dell’ileopsoas e all’esercizio dell’asciugamano. Altri due esercizi che risultano davvero efficaci sono l’esercizio neuromuscolare focalizzato sull’anca e l’allenamento della muscolatura interna del piede con il rinforzo dei glutei.

Da ultimo, il rinforzo complessivo della sede anatomica consente di migliorare l’indice posturale del piede. Se si considera, invece, l’indice funzionale del piede, i miglioramenti più alti si vedono con delle ortesi associato a stretching ed esercizio eccentrico resistivo progressivo del tibiale posteriore. Gli autori sperano che questa revisione supporti la scelta del giusto esercizio terapeutico da parte dei clinici che lavorano sul piede piatto flessibile. La revisione è pubblicata su Scientific Reports.

Lo studio: Jia, Y., Sai, X. & Zhang, E. Comparing the efficacy of exercise therapy on adult flexible flatfoot individuals through a network meta-analysis of randomized controlled trials. Sci Rep 14, 21186 (2024). https://doi.org/10.1038/s41598-024-72149-w