In Italia, vivono circa 300 mila pazienti affetti da morbo di Parkinson, un numero destinato ad aumentare nel tempo, sia per l’invecchiamento della popolazione, sia per una serie di fattori ambientali, quali l’esposizione a tossine esogene, come pesticidi, metalli e prodotti chimici industriali, sia per lo stile di vita.

Occorre ricordare che il Parkinson non è una malattia dell’anziano, ma ha un esordio compreso tra i 45 e i 55 anni.

Essendo una patologia che colpisce la sostanza nera, che si trova nei gangli della base e contribuisce al controllo motorio e della coordinazione con il rilascio di dopamina, il Parkinson si manifesta soprattutto con sintomi motori, appunto, come tremore a riposo, bradicinesia, rigidità muscolare e instabilità posturale.

Esistono poi sintomi non motori, come stitichezza, problemi urinari, disturbi del sonno e cambiamenti dell’umore. Al momento non esiste una terapia, ma i pazienti vengono seguiti su più fronti, sia con farmaci che cercano di limitare la sintomatologia e di rallentare la progressione, sia con la neuroriabilitazione. Un recente studio nostrano, pubblicato su “Movement Disorders Clinical Practice”, valuta l’efficacia del taping neuromuscolare su problematiche motorie e posturali di pazienti con Parkinson.

Il taping neuromuscolare per il Parkinson

Uno studio randomizzato, condotto dall’IRCCS San Raffaele di Roma e dal Dipartimento di Elettronica Informazione e Bioingegneria del Politecnico di Milano, ha coinvolto 46 pazienti con Parkinson, assegnandoli casualmente o al gruppo di studio o a quello di controllo.

I partecipanti al primo gruppo hanno ricevuto il trattamento farmacologico in combinazione a otto sessioni di decompressione con il taping neuromuscolare, mentre quelli del gruppo di controllo solo il trattamento farmacologico. In entrambi i casi il percorso è durato quattro settimane.

La tecnica del taping neuromuscolare è differente dal taping kinesiologico o da una semplice fasciatura. Il concetto alla base del taping neuromuscolare è favorire la decompressione e la dilatazione alla zona di applicazione, così da facilitare l’arrivo di sangue alla zona e il riassorbimento dei liquidi interstiziali.

Nel Parkinson, questi risultati dovrebbero favorire a un maggior rilassamento muscolare, necessario anche per ristabilire una postura corretta.

I risultati a quattro settimane

Gli autori hanno valutato l’efficacia dell’applicazione del taping neuromuscolare con l’osservazione di eventuali cambiamenti nella cinetica del movimento, studiata tramite l’analisi del movimento, appunto.

Un secondo endopoint è rappresentato dai cambiamenti nella parte 3 della scala UPDRS, ovvero quella dedicata ai movimenti nella vita quotidiana e che tiene conto della capacità di vestirsi e di curarsi della propria igiene personale, ma anche di camminare senza cadere e del freezing. I confronti effettuati alla chiusura delle quattro settimane di studio consentono di confermare un 12% di miglioramento nei pazienti trattati anche con taping neuromuscolare.

L’ideale sarebbe affiancare a questa tecnica anche la riabilitazione neuromotoria, oltre ai farmaci.

Studio: Radicati FG, Tremigliozzi I, Galli M, Cimolin V, Grassini P, Casali M, Galafate D, Vacca L, Stocchi F. Randomized Observer-Blind Study on the Effects of Neuromuscolar Taping in Parkinson’s Disease Patients. Mov Disord Clin Pract. 2025 May 22. doi: 10.1002/mdc3.70140. Epub ahead of print. PMID: 40401435.

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