Con un’incidenza di 3 casi ogni 100 mila persone, le fratture acetabolari sono un fenomeno raro e complesso da trattare. Il paziente medio è maschio e ha un’età compresa tra 20 e 50 anni.
Si tratta di fratture che richiedono un intervento in aperto di fissazione interna e che, dal 13% al 44% dei casi, sfociano rapidamente in un’artrosi di anca che richiede un impianto protesico. Data l’età dei pazienti, il problema è ancora più consistente.
Uno studio condotto a Taiwan, presso il Chiayi Chang Gung Memorial Hospital, individua alcuni fattori di rischio capaci di identificare, tra i pazienti incorsi in una frattura acetabolare, quelli con maggiore probabilità di incorrere in artrosi post traumatica e di necessitare un impianto protesico.
Lo studio è retrospettivo ed è stato condotto su cinquantaquattro pazienti di età media 41 anni e per la maggior parte maschi (76%). Il tempo intercorso tra incidente e intervento è stato in media di cinque giorni. Quindici dei pazienti inclusi hanno delle comorbidità, come diabete mellito, malattia renale cronica, ipertensione arteriosa e malattia coronarica. Una prima indagine tra i pazienti ha evidenziato la comparsa di artrosi di anca nel 52% dei casi, dei quali circa la metà hanno poi necessitato di protesizzazione di anca.
Quattro fattori di rischio
Il lavoro sui fattori di rischio è stato svolto con analisi logistica multivariata, per prendere in considerazione tutte le caratteristiche possibili del caso, da quelle del paziente a quelle dell’intervento e della fase perioperatoria.
Gli autori si sono inoltre concentrati sui due problemi in modo separato, partendo dallo sviluppo di artrosi post traumatica all’anca. Risulta che un fattore di rischio importante è l’età: ogni anno in più aumenta del 5% la possibilità di sviluppare artrosi. Importante anche la sede della frattura: se a carico di entrambe le colonne e non della parete posteriore, il rischio è maggiore. Sembrano non incidere sugli esiti operatori l’indice Injury Severity Score e il tempo intercorso tra frattura e intervento.
Per quanto riguarda la necessità di una protesi d’anca per chi sviluppa artrosi, gli autori hanno preso in considerazione tutti i fattori possibili, individuandone alcuni molto importanti. Il primo è il tempo intercorso tra frattura e intervento: ogni giorno di attesa aumenta il rischio di necessitare di protesi di anca del 36%.
Un altro aspetto fondamentale sembra essere il criterio MATTA: le fratture non considerabili come anatomiche secondo questo criterio incorrono più frequentemente in una protesizzazione di anca successiva. Questi risultati sono per lo più confermati anche da analisi in sottogruppi, tenendo conto del BMI.
Il campione di pazienti è piccolo, quindi sarebbero necessarie conferme da parte di lavori più ampi.
Tuttavia, lo studio offre alcuni spunti di riflessione, in particolare nei confronti dei fattori modificabili, come il tempo intercorso prima che il paziente venga operato.
Studio: Chen, H.Y., Tsai, Y.H. Risk factors for post-traumatic osteoarthritis and subsequent total hip arthroplasty in patients with acetabular fractures. BMC Musculoskelet Disord 26, 440 (2025). https://doi.org/10.1186/s12891-025-08690-0