Una frattura di femore prossimale lievemente scomposta può essere trattata chirurgicamente con una fissazione, a mezzo di viti e placche, oppure con un impianto protesico: il primo approccio è stato il preponderante per molto tempo, ora sempre più spesso sostituito dal secondo.

Per capire quale sia il metodo più efficace per i pazienti anziani che incorrono in una frattura di femore, la Facoltà di Medicina dell’Università del Meryland, Stati Uniti, ha avviato uno studio multicentrico ad hoc, per un valore complessivo di 10,8 milioni di dollari.

Chiamato FASTER-Hip Trial, lo studio prevede di arruolare 600 pazienti di età superiore ai 60 anni con frattura del collo del femore minimamente dislocata e randomizzarli a un intervento di fissazione o di artroplastica di anca. Ogni paziente verrà, inoltre, seguito per un follow-up di almeno 12 mesi.

Finanziato dall’Istituto di Ricerca Patient-Centered Outcomes (PCORI) dell’Università della California, lo studio prevede la partecipazione di 32 ospedali di comunità o di terzo livello tra Stati Uniti, Canada, Regno Unito, Spagna, Norvegia e Paesi Bassi. Tra questi vi sarà anche il Trauma center più importante del Maryland, il R Adams Cowley Shock Trauma Center.

Primo autore dello studio è il chirurgo ortopedico Joseph Patterson, direttore della ricerca in Trauma ortopedico del Dipartimento di Chirurgia Ortopedica dell’Università della California. Suoi co-autori sono Gerard Slobogean, della Facoltà di Medicina dell’Università del Maryland e Sheila Sprague, dell’Università McMaster di Ontario, in Canada.

Il razionale dello studio

Le fratture di femore sono in continuo aumento e individuare la strategia chirurgia più efficace per ridurre la disabilità associata è fondamentale, sia per i pazienti, che potrebbero così recuperare la propria funzionalità fisica e autonomia, sia per i sistemi sanitari del mondo, che si trovano spesso a spendere molte risorse per le disabilità acquisite dalle fratture di femore.

Senza contare che tra le principali complicanze della frattura di femore c’è un aumento del tasso di mortalità a un anno.

Inoltre, alcuni dati di letteratura suggeriscono che la fissazione non sia sempre adeguata, richiedendo in quasi il 14% dei casi, di un secondo intervento chirurgico, spesso di artroplastica di anca. In altre parole, la domanda cui il team di ricerca conta di rispondere è: “qual è, tra i due approcci, quello che permette a un anziano che abbia rotto il proprio femore di preservare la capacità di camminare, migliorare il tempo a casa e la salute in generale?».

Al momento non ci sono dati oggettivi che supportano la scelta dell’uno o dell’altro approccio e ognuno ha vantaggi e svantaggi: per esempio, l’impianto protesico richiede un intervento più lungo e, spesso, determina una maggior perdita di sangue. Sarebbe certamente utile avere dati per decidere quale sia il trattamento migliore per il dato paziente. Lo studio verrà condotto con il supporto di una piattaforma innovativa.

La piattaforma per studi clinici MAPT

Il FASTER Hip-trial sarà il primo studio ortopedico a utilizzare la piattaforma MAPT, acronimo per “Musculoskeletal Adaptive Platform Trial”, ideata dall’Università del Maryland e, in particolare, dal suo Center of Orthopaedic Injury Research and Innovation. Si tratta di una piattaforma che consente di testare in contemporanea diversi tipi di trattamento, anche all’interno di un singolo disegno di studio. Un approccio ideato per ridurre i costi e velocizzare il processo di valutazione dei dati, portando così più rapidamente le ricadute sul piano clinico, il che significa supportare le scelte decisionali dei medici.

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