Uno studio cinese valuta la relazione esistente tra frattura di femore e sviluppo di insufficienza cardiaca, allestendo un modello predittivo per stratificare la popolazione di pazienti in base al rischio.
L’anziano con frattura di femore è spesso soggetto a comorbidità che possono impattare sull’esito chirurgico. Tra queste, c’è l’insufficienza cardiaca. Tuttavia, non è detto che al momento della frattura la patologia cardiaca sia già manifesta: potrebbe essere in fase iniziale oppure silente ed essere poi innescata dalle azioni perioperatorie.
Uno studio cinese, condotto dal Dipartimento di Geriatria del Terzo Ospedale dell’Università di Medicina di Hebei, si pone l’obiettivo di sviluppare un robusto modello clinico predittivo che renda semplice ai chirurghi l’individuazione dei pazienti maggiormente esposti al rischio di insufficienza cardiaca.
Per aumentare le possibilità di prognosi positiva, infatti, questi pazienti devono essere trattati in modo differente dagli altri durante tutto il periodo peri-operatorio… e forse anche dopo.
Tuttavia, come spiegato dagli autori nell’introduzione del loro lavoro, la valutazione di biomarker di insufficienza cardiaca non rientra negli esami del sangue standard per la preparazione operatoria: ciò significa che, in un momento di emergenza come è quello che si genera dopo la frattura di femore nell’anziano, si rischia di perdere qualche dettaglio.
D’altronde, i tempi sono spesso contingentati dalle stesse linee guida, che suggeriscono di intervenire chirurgicamente entro 24/48 ore dalla frattura, per ridurre i rischi nel post operatorio. Vediamo quindi come si sono mossi gli autori.
I fattori di rischio
Lo sviluppo del modello predittivo si basa su dati retrospettivi. Gli autori hanno quindi preso in considerazione le cartelle elettroniche dei pazienti over 65 ricoverati nel proprio ospedale per una frattura di femore tra il 2018 e il 2019, purché sottoposti a intervento chirurgico.
La ricerca ha portato a un campione di 1962 pazienti, dei quali ben il 25,7% è incorso in insufficienza cardiaca a seguito dell’intervento. 1 su 4 è un rapporto decisamente alto, a testimonianza che il problema è reale. Almeno dell’istituzione di riferimento.
A questo punto gli autori hanno utilizzato una regressione LASSO (Least Absolute Shrinkage and Selection Operator) e una regressione multivariata per studiare i parametri a disposizione relativi ai pazienti e individuare i fattori che meglio si associano al rischio di incorrere in insufficienza cardiaca. I fattori di rischio emersi sono molti.
Vediamoli: genere maschile; età; patologia coronarica presente; broncopneumopatia cronica ostruttiva presente; anemia presente; ipoalbuminemia presente; comparsa di complicanze nel pre operatorio, che possono essere infezioni polmonari, embolia polmonare, ictus, emorragia intracerebrale, infarto del miocardio, insufficienza renale. E sono solo degli esempi. Partendo da questi fattori gli autori hanno quindi costruito un modello predittivo.
Il modello predittivo sviluppato
Per realizzare il modello predittivo gli autori hanno dovuto dare un peso ai diversi fattori di rischio individuati.
Ecco la formula che deriva dai loro calcoli. Il rischio di sviluppare insufficienza cardiaca è uguale a -2.167 – 0.637× coefficiente di regressione parziale per il fattore genere maschile + 0.566 × coefficiente di regressione parziale per il fattore età + 0.682 × coefficiente di regressione parziale per il fattore patologia coronarica + 0.910 × coefficiente di regressione parziale per il fattore BPCO + 0.416 × coefficiente di regressione parziale per il fattore complicanze + 0.981 × coefficiente di regressione parziale per il fattore anemia + 0.893 × coefficiente di regressione parziale per il fattore ipoalbuminemia.
Il modello presenta una buona performance nella validazione interna. Per poterlo prendere in considerazione a livello clinico è richiesta prima una validazione su coorte esterna, seguita da degli studi ad hoc di applicazione. Una volta riconosciuti i pazienti a maggior rischio di sviluppare insufficienza cardiaca, i chirurghi e l’equipe che segue il paziente possono mettere in atto le azioni necessarie a contenere il rischio. Lo studio è pubblicato su BMC Musculoskeletal Disorders.
Lo studio: Yu, Q., Fu, M., Hou, Z. et al. Developing a prediction model for preoperative acute heart failure in elderly hip fracture patients: a retrospective analysis. BMC Musculoskelet Disord 25, 736 (2024). https://doi.org/10.1186/s12891-024-07843-x