In una società che invecchia sempre più velocemente, individuare i soggetti a maggior rischio di caduta è fondamentale per poterli seguire adeguatamente e ridurre le fratture da fragilità e le disabilità con esse acquisite.

L’obiettivo di tanti progetti di ricerca è di individuare strategie diagnostiche semplici da utilizzare ed economiche, capaci di evidenziare il rischio di caduta del soggetto.

Tra i test utilizzati c’è quello di forza della presa, utile tanto per valutare lo stato di salute dell’arto superiore, quanto per osservare lo stato di salute generale del paziente e la sua fragilità.

Di recente la rivista Clinical Rehabilitation ha pubblicato uno studio dell’Università di Vienna (Austria) che confronta l’efficacia di un test di forza di presa singolo con quella di un test ripetuto.

Gli autori, inoltre, hanno inserito nella valutazione del paziente parametri che misurano l’affaticamento e la capacità di recupero del soggetto, convinti che possano aiutare nel calcolarne il rischio di caduta.

Il protocollo di valutazione studiato

Lo studio arruola 217 pazienti di età media 80 anni, sottoponendoli a un protocollo ripetitivo di valutazione della forza di presa della mano composto da 10 prese alla massima forza ripetuto due volte a intervallo di un’ora. Ogni presa ha durata di 3 secondi e tra una presa e la successiva viene calcolato un intervallo di riposo di 5 secondi.

I risultati ottenuti da questi due test ripetitivi sono stati, quindi, messi in correlazione con indici di funzionalità, in particolare lo Short Physical Performance Battery, la Physical Activity Scale for the Elderly, la Falls Efficacy Scale-International e il Multidimensional Fatigue Inventory. Gli autori hanno inserito nella valutazione anche il rapporto di affaticamento e di recupero.

Gli indici che aiutano a predire il rischio di caduta

Come prima cosa, gli autori hanno diviso i pazienti tra quelli che hanno storia di caduta e quelli che non sono mai caduti, per poi mettere a confronto i risultati dei test effettuati.

Ciò che hanno osservato è che tra i pazienti con storia di caduta (il 39% del campione) l’indice di affaticamento è più alto e quello di recupero più basso che nei pazienti che non sono mai caduti.

Tra i due rapporti, quello di affaticamento sembra avere un ruolo più incisivo nel fornire indicazioni predittive di future cadute rispetto a quello di recupero, che viene definito dagli autori come marginale.

Anche le misure funzionali calcolate aiutano a predire il rischio di caduta. Il fattore che maggiormente contribuisce al calcolo del rischio è l’essere già caduti nei 4 mesi precedenti la valutazione: ogni caduta avvenuta fa aumentare il rischio di future cadute del 39%.

Riguardo agli indici di funzionalità, secondo gli autori, ogni punto in più nel Short Physical Performance Battery si assocerebbe a un 16% in meno di rischio di caduta, mentre ogni punto in più del Falls Efficacy Scale-International score indicherebbe un 12% di rischio in più di cadere.

Più in generale, il test ripetitivo è funzionale a un calcolo più preciso del rischio di caduta, dal momento che consente di evidenziare anche i rapporti di fatica del paziente.

Gli autori del team di lavoro afferiscono al Dipartimento di Medicina Sociale e Preventiva e a quello di Epidemiologia dell’Università Medica di Vienna.

Kapan A, Ristic M, Felsinger R, Waldhoer T. Fatigue and recovery assessed by repetitive handgrip strength measurement as predictors of fall risk in older adults: A cross-sectional study. Clin Rehabil. 2025 Jun 30:2692155251355881. doi: 10.1177/02692155251355881. Epub ahead of print. PMID: 40589163.

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