Sapere quanti sono gli amputati al mondo e quanti nuovi casi vi sono ogni anno è praticamente impossibile, anche perché le cause di amputazione possono essere differenti: da quelle traumatiche, magari per incidente lavorativo o stradale, a quelle vascolari, dal esiti nefasti del diabete mellito a patologie oncologiche, da dolore ingestibile a infezioni di vario genere.

Ciò che è certo, tuttavia, è che il numeri di amputati al mondo è elevato e cresce costantemente. Poiché queste persone possano vivere bene anche in presenza di una amputazione devono poter accedere ai servizi riabilitativi e a device appropriati, eppure è noto che ciò non accade.

Le ragioni sono molte, compresa la convinzione di tanti che la riabilitazione sia un elemento aggiuntivo e non un tassello fondamentale del percorso terapeutico di un paziente amputato.

Per questa ragione un team composto da ricercatori belgi e italiani ha effettuato una sintesi degli interventi riabilitativi per amputati, partendo dal gold standard di tutti gli enti di revisione, la e Cochrane systematic reviews (CSRs). Pubblicato su “European Journal of physical and rehabilitation Medicine”, lo studio ha visto la partecipazione dell’Ospedale di Geel, in Belgio, dell’IRCCS Istituto Galeazzi-Sant’Ambrogio di Milano e del Centro di epidemiologia clinica e ricerca del Dipartimento di Scienze Biomediche dell’Università di Humanitas di Pieve Emanuele.

Molti ambiti da approfondire

Una volta effettuata la ricerca delle revisioni di interesse, in tutto 8, gli autori le hanno rivalutate per poi riassumerne i risultati in una mappa schematica capace di mostrare l’efficacia, o la non efficacia, dell’approccio riabilitativo al paziente amputato.

Gli autori hanno trovato una sola evidenza certa, partendo da queste revisioni e riguarda il vantaggio derivato per i pazienti dall’indossare una medicazione rigida piuttosto che morbida, metodo che è stato indicato anche come sicuro.

Tuttavia, non si capisce se questo genere di fasciatura sia migliore della soffice per pazienti con amputazione transfemorale, in termini di tempo di guarigione della ferita, minor attesa prima di indossare la protesi, minore permanenza in ospedale.

Tutte le altre evidenze risultano essere incerte, non è chiaro, per esempio, se in pazienti anziani con patologia vascolare e amputazione transfemorale unilaterale, sia meglio effettuare una riabilitazione protesica o di altro genere. Non si capisce nemmeno se si ottengano esiti migliori, in termini di avanzamenti nella mobilità e riduzione degli eventi avversi, usando un protocollo di allenamento del passo focalizzato sui livelli di disabilità o di richiesta, e nemmeno quale sia il tipo di la protesi di caviglia migliore per migliorare le performance del paziente nella vita quotidiana.

È evidente che servano ulteriori studi per poter colmare queste incertezze e dare maggiori informazioni. Inoltre, questo lavoro mette in risalto l’esistenza di tanti domini ancora non coperti da revisione e, spesso, da semplici studi. Si fa riferimento, per esempio, a temi come la gestione del dolore, la prevenzione delle cadute, l’allenamento dell’equilibrio e l’uso della tecnologia nei pazienti amputati.

Studio: heyns a, dusar fr, arienti c, Kiekens c. overview of cochrane systematic reviews for rehabilitation interventions in persons with amputation: a mapping synthesis. Eur J Phys Rehabil Med 2025 Apr 09. DOI: 10.23736/S1973-9087.25.08664-2

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