Sempre più spesso il linguaggio e le sue variazioni sono visti come possibile strumento per valutare l’insorgenza del morbo di Parkinson e il suo stato di avanzamento e peggioramento.
Tra i progetti in essere c’è anche quello guidato dal Laboratorio di Neuropsicologia dell’IRCCS Maugeri Bari e dall’Artificial Intelligence Research Group dell’Istituto Universitario di Studi Superiori IUSS di Pavia, in collaborazione con l’irlandese Global Brain Health Institute (UCSF) e l’argentina Universidad de San Andrés. Partner tecnologico dello studio è uno spin-off dello IUSS, la società DeepTrace Technologies di Milano.
Obiettivo del progetto è individuare, tramite l’intelligenza artificiale e il Natural Language Processing (NLP), dei biomarcatori del linguaggio che permettano di diagnosticare il Parkinson prima che compaiano i sintomi motori.
I risultati sono positivi, come spiega Petronilla Battista, neuropsicologa e logopedista responsabile del laboratorio di neuropsicologia all’IRCCS Maugeri di Bari e corresponding author dello studio: «Tra i marcatori più indicativi emersi dall’analisi, spicca la riduzione nell’uso dei verbi di azione. Questi elementi linguistici, elaborati in aree cerebrali come il lobo frontale spesso coinvolte nei primi stadi della malattia, sembrano essere particolarmente sensibili al deterioramento precoce. Inoltre, è stata rilevata una maggiore frequenza di riformulazioni del discorso e una ridotta produzione di parole appartenenti a classi aperte, come nomi e verbi, suggerendo una difficoltà crescente nell’accesso lessicale. Il linguaggio è, dunque, una finestra preziosa sulle funzioni cognitive del cervello. I dati dello studio dimostrano che l’analisi automatica del parlato può diventare uno strumento affidabile non solo per aiutare a identificare precocemente i diversi fenotipi della malattia di Parkinson, ma anche per valutare l’efficacia delle terapie farmacologiche in atto».
Lo studio
Lo studio, pubblicato su Npj Parkinson’s Disease, ha raccolto campioni vocali di 40 pazienti sottoposti a diverse attività linguistiche, sia guidate sia libere. Alcuni dei pazienti avevano ricevuto una diagnosi di malattia di Parkinson, mentre altri no.
I campioni raccolti sono stati quindi analizzati e confrontati tra loro con algoritmi di IA avanzati per individuare dei trend e delle differenze nel parlato dei soggetti sani e non.
La ricerca ha dato dei risultati promettenti. L’IA e il NLP si sono dimostrati in grado di discernere tra pazienti con Parkinson e soggetti sani con una accuratezza del 77%, ma non solo.
Lo strumento sviluppato permette anche di distinguere tra i due principali fenotipi della malattia, ovvero PD-nMCI e PD-MCI, con una performance del 75%. «Questo lavoro – spiega Christian Salvatore, docente IUSS, direttore del centro Ailice Labs e CEO di DeepTrace Technologies – dimostra come l’AI possa essere impiegata per costruire veri e propri biomarcatori digitali del linguaggio, standardizzabili, con valore clinico concreto. La nostra pipeline è progettata per essere modulare, spiegabile, adattabile e integrabile nella pratica clinica per la diagnosi precoce e non invasiva, anche applicata ad altri contesti patologici. È un chiaro esempio di tecnologia traslazionale generata in ambito accademico e pronta all’impatto nella pratica clinica».
Al momento lo strumento è stato sviluppato per pazienti di lingua italiana, per cui uno dei passi futuri sarà renderlo utilizzabile anche in contesti clinici internazionali.
Diventa, inoltre, importante testare il metodo su campioni più ampi di pazienti e, infine, procedere con una validazione in scenari reali di screening precoce e monitoraggio.
Aresta, S., Battista, P., Palmirotta, C. et al. Digital phenotyping of Parkinson’s disease via natural language processing. Npj Parkinsons Dis. 11, 182 (2025). https://doi.org/10.1038/s41531-025-01050-8