La maggior parte delle protesi di arto inferiore oggi in commercio si basa ancora su un dispositivo meccanico capace di effettuare alcuni movimenti ripetitivi e su un device di controllo che utilizza gli input del cervello per far muovere la protesi.
Un recente studio, condotto dal Massachussetts Institute of Technology di Cambridge, dal Brigham and Women’s Hospital e da Massachusetts General Hospital di Boston, propone un nuovo modello di protesi che sfrutta le potenzialità di un interfaccia bionica mini-invasiva per migliorare la funzionalità del device per arto inferiore, rendendolo capace di adattamento al terreno, di evitamento degli ostacoli e di generazione di forza biomimetica.
Lo studio, pubblicato su Science, recluta due soggetti con amputazione transfemorale, sottoponendoli a un intervento di impianto della protesi meccano-neurale integrata.
Caratteristiche della nuova protesi
Gli autori hanno realizzato una piattaforma verticale bionica integrata per migliorare la risoluzione del segnale nervoso in arrivo dal sistema nervoso centrale e la funzionalità neuromuscolare sopra il livello di amputazione dell’arto.
La protesi risponde a 3 livelli funzionali: il primo di propone di massimizzare l’agilità del ginocchio protesico grazie al controllo della flessione e dell’estensione dello stesso da parte dell’utente; favorire la comunicazione e la trasmissione di forza tra la protesi e l’utente, grazie a un impianto ancorato all’osso femorale; ristabilire il segnale neuromuscolare fisiologico, tipico del corpo, tramite la ricostruzione delle geometrie muscolari native dell’arto inferiore grazie a un interfaccia mioneurale agonista/antagonista.
L’agilità del ginocchio, in particolare, è da deputarsi alla capacità della protesi di specchiare il movimento dell’arto fantasma del soggetto, rendendolo reale tramite la protesi.
I risultati del progetto
Quello raccontato dagli autori è un progetto ambizioso, che però sembra aver dato esiti positivi. Per esempio, una volta impiantato il device di controllo, e con un minimo di allenamento, i partecipanti hanno trovato più semplice evitare degli ostacoli sul proprio percorso rispetto a un gruppo di pazienti che utilizza una protesi più convenzionale.
Gli autori pensano che questi risultati siano legati alla mancanza di un moncone, dal messaggio costante ottenuto dall’impianto di due elettrodi e dalla ricostruzione dei muscoli residui del ginocchio. Gli autori mettono in evidenza l’esistenza di limitazioni, tuttavia sono convinti di essere sulla strada giusta per migliorare le protesi di arto inferiore e ridare all’amputato la possibilità di muoversi come prima della lesione, nel modo più naturale possibile
Tony Shu et al.,Tissue-integrated bionic knee restores versatile legged movement after amputation. Science389, eadv3223(2025). https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/40638725/DOI:10.1126/science.adv3223