Il ginocchio varo genera anomalie di carico durante il cammino e può portare a situazioni di dolore acuto che rendono indispensabile l’osteotomia valgizzante.

L’Istituto Ortopedico Rizzoli sta conducendo una sperimentazione clinica per introdurre nella pratica chirurgica comune un nuovo sistema completo di pianificazione e produzione 3D con guida di taglio e placca di fissazione customizzate, realizzate in modo personalizzato per ogni singolo paziente.

Spiega il prof. Stefano Zaffagnini, direttore della Clinica 2 del Rizzoli: «sono migliaia ormai gli interventi su singoli casi realizzati con il contributo della stampa 3D, ma quello che stiamo facendo ora ha l’obiettivo di rendere routinario, e quindi accessibile a tutti i pazienti, questo tipo di intervento personalizzato, oggi possibile solo in contesti particolari».

Lo studio diretto dal Professor Zaffagnini fa parte di un progetto di ricerca Europeo coordinato dall’Ingegner Alberto Leardini, direttore del Laboratorio di Analisi del Movimento dell’Istituto Rizzoli in collaborazione con il centro di ortopedia biomeccanica dell’Università di Bath, con responsabile il professor Richie Gill, e dalla 3d MP, una spin-off dell’università Inglese per la produzione delle protesi personalizzate TOKA® con la tecnologia di stampa 3D e dei software di modellazione utilizzati dal Professor Zaffagnini per la pianificazione degli interventi e il design dei dispositivi chirurgici.

Il prof. Stefano Zaffagnini

Ma come funziona? Il primo passo è fare una TAC al paziente: questa viene quindi inviata allo spin off inglese per progettare la placca e creare la stampa che viene quindi inviato a Bologna. A questo punto si procede con l’intervento che permette di riallineare il ginocchio, ritardando o anche evitando chirurgie successive, più invasive e costose.

L’indagine clinica in atto consente di valutare l’accuratezza e l’efficacia della nuova procedura e di standardizzare la tecnica in modo da renderla accessibile a un più ampio numero di pazienti, portando a livello industriale la produzione della placca e dello strumentario chirurgico necessario a impiantarla.

«Siamo ancora in fase sperimentale, ma confidiamo che, al termine del trial, potrà diventare una prassi consolidata, pronta per essere offerta come possibilità di cura a tutti i pazienti, non solo in una struttura specialistica come il Rizzoli ma in ogni ospedale», conclude il prof. Zaffagnini.