Trattamento della paralisi cerebrale infantile e piede equino

2463
§à

§à

Nel trattamento di un paziente affetto da PCI è sempre necessario valutare le opzioni terapeutiche che cambiano in rapporto all’età e alla strutturazione di una deformità. Sicuramente in presenza di un equinismo strutturato non riducibile a seguito della retrazione del tendine achilleo non è corretto applicare gessi e ortesi in quanto si corre il rischio di danneggiare la struttura ossea del piede. La retrazione fissa del tendine d’Achille comporta la rigidità dell’articolazione tibiotarsica pertanto applicando una forza estensoria sul piede, si andrà a forzare inevitabilmente la mediotarsica, ovvero l’articolazione posta al davanti della tibiotarsica, ottenendo una falsa impressione di estensione dell’avampiede e danneggiando l’articolazione astragalo scafoidea con una conseguente deformità in valgo pronazione. In questi casi l’opzione chirurgica, ovvero allungamento del tendine achilleo, rimane la scelta terapeutica più idonea. Per contro, se ci troviamo di fronte a un equinismo dinamico, cioè riducibile in quanto il tendine non è ancora completamente retratto, è opportuno utilizzare le ortesi, spesso associate al trattamento con tossina botulinica, in modo da mantenere l’articolazione a 90° ed evitare o procrastinare l’intervento chirurgico.

Stefania Somaré