Patologie della spalla. Debridment e approccio protesico

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mann mit schulter schmerzenNell’ambito delle patologie della spalla, l’approccio chirurgico ha l’obiettivo di eseguire una riparazione al fine di rinforzare quei lembi tissutali di cuffia che hanno ancora una certa validità, capaci di far lavorare al meglio il muscolo deltoide anche in caso di funzionalità parziale. Sempre chirurgicamente è possibile effettuare una “pulizia” di spalla, un debridment eseguito in artroscopia per l’asportazione del tessuto sinoviale, un sistema che per l’elevata vascolarizzazione e innervazione scatena e trasmette il dolore. «Con il debridment» sottolinea Paolo Renato Rolla, medico ortopedico dell’Unità Operativa di Ortopedia della Spalla e del Gomito dell’Istituto Clinico Humanitas di Rozzano (MI), «si asportano tutti quelli che sono i detriti cartilaginei, tendinei e articolari, si effettua la tenotomia del capo lungo del bicipite brachiale per eliminare un elemento non più di utilità funzionale che scatena dolore, come documentato da diversi autori. L’intervento, gestibile in una quindicina di minuti, consente al paziente di ridurre la sintomatologia dolorosa; questo favorirà un miglior recupero funzionale della muscolatura più superficiale della spalla. Nel post operatorio, il paziente non deve essere immobilizzato per più di 7-10 giorni. Il tutore più indicato è un semplice reggi braccio a tasca, senza l’ausilio di un cuscino».
L’ultima tipologia patologica riguardante la cuffia dei rotatori prevede l’approccio protesico. «È il caso del paziente artrosico, con una articolazione gleno-omerale eccentrica che non ha più un corretto centro di rotazione mantenuto dalla cuffia dei rotatori», aggiunge Rolla. «C’è una degenerazione importante, un malfunzionamento, una perdita di movimento, un dolore persistente, un quadro clinico non migliorabile con trattamenti infiltrativi, riabilitativi o fisioterapici. È indicata, in questi pazienti, la protesi inversa composta da una semisfera posizionata a livello della glenoide scapolare e da una parte concava che viene posizionata nell’omero. La protesi cambia quella che è l’anatomia normale, a differenza, per esempio, della protesi d’anca. Un’anatomia diversa, ma con una meccanica più vantaggiosa che permette al muscolo deltoide di lavorare con un braccio di leva favorevole consentendo di recuperare abbastanza facilmente i due terzi della normale funzione della spalla. Il recupero funzionale è, in questo caso, molto più breve rispetto a una riparazione dei tendini della cuffia dei rotatori. Dopo circa un mese d’immobilizzazione con un tutore identico a quello utilizzato per le riparazioni della cuffia dei rotatori, il paziente inizierà a utilizzare per l’attività quotidiana l’arto superiore operato; a tre mesi la funzione sarà del 70-90% rispetto al risultato finale che si otterrà dopo circa un anno dall’intervento. La riabilitazione sarà perlopiù autogestita dal paziente. Un approccio quello protesico che consente un importante recupero funzionale per casi fino a pochi anni fa irrisolvibili».