La sindrome della bandelletta ileo-tibiale

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La sindrome della bandelletta ileo-tibiale
Giuseppe Peretti

Nota anche come “ginocchio del corridore”, la sindrome della bandelletta ileo-tibiale è un’infiammazione che colpisce podisti, runner e ciclisti.
Se la cura è agevole in fase acuta, con la cronicizzazione la guarigione è più lenta. Oltre alla terapia antinfiammatoria e al riposo, importante è, in questo caso, la prevenzione. Una fascia di compressione può risultare utile con la ripresa dell’attività fisica.

Una lunga camminata occasionale, su terreni accidentati o in montagna, magari senza le calzature appropriate, poi il giorno dopo un dolore intenso nella parte esterna del ginocchio, spesso debilitante al punto tale da impedire di camminare.

Con buona probabilità si tratta della sindrome della bandelletta ileo-tibiale, una patologia della quale si parla da circa una quarantina d’anni.

La prima descrizione risale, infatti, al 1975 con una pubblicazione sul JBJS Journal of Bone and Joint Surgery. Una patologia che colpisce lo sportivo amatoriale e occasionale, ma che interessa con più frequenza l’atleta agonista che pratica ciclismo, corsa, mezzofondo, fondo, sport in cui gli arti inferiori vengono maggiormente sollecitati.
Se in fase acuta il problema può essere rapidamente risolto con antiinfiammatori, riposo e ghiaccio ed eventualmente un’infiltrazione di steroidi, quando la patologia cronicizza la sua risoluzione richiede più tempo. Alla ripresa dell’attività fisica, un aiuto può essere rappresentato dalle fasce di compressione, che possono essere applicate prossimalmente all’epicondilo del ginocchio.

Incidenza variabile

«I dati epidemiologici a riguardo della sindrome della bandelletta ileo-tibiale sono assai variabili», spiega il professor Giuseppe Peretti, direttore dell’équipe universitaria di Ortopedia Rigenerativa e Ricostruttiva (EUORR), Irccs Istituto Ortopedico Galeazzi di Milano – Gruppo Ospedaliero San Donato. «Uno studio, che ha preso in analisi diverse categorie di soggetti, sportivi amatoriali – ciclisti, corridori ecc. – reclute militari ecc., fornisce un range d’incidenza compreso tra 1,6% e 74% in relazione all’attività svolta. È una patologia che può colpire sia lo sportivo occasionale sia il professionista. Se però nel primo l’attività sportiva saltuaria può determinare un’infiammazione acuta delle strutture coinvolte risolvibile a breve termine, nel secondo, l’overuse, il gesto atletico reiterato può portare a una cronicizzazione della patologia».

L’attrito meccanico e l’infiammazione

La sindrome della bandelletta ileo-tibiale è un processo di tipo infiammatorio che colpisce l’ultimo tratto della fascia lata o femorale.
«La bandelletta ileo-tibiale è un tendine comune di due muscoli, il grande gluteo e il muscolo tensore della fascia lata e s’inserisce sulla faccia antero-esterna della tibia a livello del tubercolo di Gerby» continua Peretti.
«Nel suo decorso, la bandelletta passa superficialmente all’epicondilo laterale del femore, protuberanza ossea all’estremità distale del femore, da cui è separata da una borsa sierosa di scorrimento. La funzione principale di questo tendine è di rendere stabile la componente antero-laterale del ginocchio. La sua caratteristica non è d’infiammarsi a livello dell’inserzione distale, bensì prossimalmente a livello dell’epicondilo esterno del femore. La bandelletta ileo-tibiale si trova anteriormente a quest’ultimo con la gamba distesa, si sovrappone a esso con la gamba in flessione di 30°, passa quindi posteriormente con l’incremento della flessione.

Questo tendine, durante la corsa o andando in bicicletta, alterna queste tre posizioni. L’infiammazione è quindi provocata da un attrito meccanico; la ripetizione continua del movimento di flesso-estensione del ginocchio determina microlesioni delle fibre collagene tendinee e l’insorgenza di una borsite a carico della borsa di scorrimento tra la bandelletta ileo-tibiale e il condilo femorale esterno.
Possono esserci condizioni predisponenti la patologia come la corsa su terreni troppo duri o accidentati, deviazioni assiali del ginocchio – come nel caso del ginocchio varo – anomalie dell’epicondilo femorale dovute, per esempio, a una frattura che ha determinato l’insorgenza di rilievi ossei anomali».

La fase acuta

Nella sintomatologia della sindrome della bandelletta tibiale il dolore è localizzato nel comparto del ginocchio e può irradiarsi alla regione esterna della coscia e, a volte, anche distalmente sulla gamba. «Si tratta di un dolore molto intenso e tale spesso da impedire il cammino», precisa Peretti.
«È il caso del paziente che ha camminato a lungo il giorno precedente lamentando piccole parestesie e formicolii nella parte esterna a fine giornata, per poi avvertire una sintomatologia molto dolorosa il giorno seguente, al risveglio, tale a volte addirittura da impedire la normale deambulazione.
L’esordio della patologia è quindi acuto, ma la risoluzione del problema può essere molto rapida, se affrontato rapidamente. Si tratterà di seguire una terapia antiinfiammatoria, accompagnata dal riposo e dall’applicazione di ghiaccio sulla parte dolente; si sono dimostrati efficaci anche gli antiinfiammatori locali e l’infiltrazione di steroidi associati con anestetico locale nella borsa di scorrimento, la quale dà un sollievo immediato al dolore e una più rapida risoluzione della patologia».

La cronicizzazione

Il trattamento della patologia diventa più complesso quando la patologia tende a cronicizzare. «È importante affrontarla tempestivamente ai primi sintomi prima che cronicizzi», conferma Peretti.
«Con la fibrotizzazione della borsa di scorrimento, fase terminale dell’evoluzione della patologia, si entra nella fase cronica. Il dolore si manifesta in maniera acuta alla palpazione del comparto esterno del ginocchio.
Inizialmente la sindrome della bandelletta ileo-tibiale può essere confusa con una patologia meniscale, ma un esame clinico ben eseguito può consentire, congiuntamente a un’anamnesi accurata, di effettuare una diagnosi corretta. Si ricorre a un comune test di pressione digitale sull’epicondilo esterno quando il ginocchio raggiunge i 30° di flessione, momento in cui la bandelletta ileo-tibiale si trova esattamente sopra l’epicondilo.
Con la pressione di quest’ultimo il paziente affetto da sindrome della bandelletta ileo-tibiale avverte un dolore acuto.
Una risonanza magnetica può essere utile per escludere una concomitanza a livello meniscale, una calcificazione a livello della borsa di scorrimento, una sua fibrotizzazione o rigonfiamento. Nel caso, invece, di ginocchio varo un’indagine radiografica con il ginocchio in carico permetterà di quantificarlo».

Terapia e prevenzione

«Nel caso di cronicizzazione la sindrome della bandelletta ileo-tibiale si cura con la stessa terapia prevista per la fase acuta: antiinfiammatori, ghiaccio, riposo e prevenzione mirata a livello fisico e ambientale», conclude Peretti.
«Per la prevenzione importante sarà evitare percorsi su terreni sconnessi o esclusivamente su terreni duri come l’asfalto, indossare calzature in grado di ammortizzare l’impatto; se la corsa avviene su terreno inclinato, come sulla spiaggia, alternare il piano d’inclinazione in modo da sovraccaricare allo stesso modo le ginocchia. Fondamentale sarà poi lo stretching mirato sui due muscoli implicati: il tensore della fascia lata e il grande gluteo.
Al fine di ridurre le sollecitazioni, causa dell’infiammazione, durante l’attività fisica su terreni duri e sconnessi, si può utilizzare una fascia di compressione, disposta sulla parte distale della bandelletta ileo-tibiale.
Oltre a ridurre le vibrazioni, la fascia di compressione mette in lieve tensione la fascia lata in modo di anticipare il passaggio sull’epicondilo in fase di flessione della gamba.
È importante non applicare questo dispositivo sopra l’epicondilo, ma in posizione leggermente prossimale allo stesso. Non sempre, comunque, il suo impiego risulta efficace e non deve essere utilizzato in fase acuta.
Sempre in tema di ausili ortopedici, può essere consigliato, nel caso di dismetria – che alterando la dinamica della corsa può essere causa di questa patologia – un rialzo calcaneare correttivo».

Roberto Tognella