La riabilitazione del ginocchio infortunato

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I percorsi riabilitativi per il recupero da un trauma al ginocchio variano in base al tipo di lesione.
La ginocchiera articolata può svolgere una funzione importante durante le prime fasi della riabilitazione.

Il percorso riabilitativo delle patologie articolari in genere è un elemento chiave per la buona riuscita del trattamento globale. Per quanto riguarda la complessa articolazione del ginocchio, tale percorso è strettamente legato al tipo di lesione e al comparto interessato.

Le moderne ginocchiere articolate svolgono in alcuni casi un ruolo molto importante sia nel favorire il processo ricostruttivo durante la fase d’immobilizzazione post trauma o post operatoria sia nel favorire lo sviluppo di flessibilità articolare in vista delle sedute di fisioterapia.

Ne abbiamo parlato con il professor Arturo Guarino, direttore del reparto di Traumatologia dello Sport dell’Istituto Ortopedico Gaetano Pini di Milano e medico sociale dell’Inter dal 1991 al 1994.

La riabilitazione è una fase chiave del percorso di guarigione da un trauma al ginocchio. Spiega Arturo Guarino: «incide per il 50-60% sul successo del trattamento. A sua volta il percorso riabilitativo dipende dalla compliance del paziente, dalla sua disponibilità a impegnarsi in questo iter terapeutico.

Ricordo sempre le parole del mio maestro, il professor Gianluigi Paleari, il quale asseriva che il “paziente deve meritarsi l’intervento”. Queste parole potrebbero apparire presuntuose, ma il senso era proprio quello di sottolineare l’importanza di questa collaborazione tra medico e paziente».

L’approccio terapeutico

Molto è cambiato negli ultimi anni per quanto riguarda l’approccio terapeutico alle patologie del ginocchio.
«In passato molte patologie traumatiche a carico di questa articolazione venivano trattate con immobilizzazioni protratte anche per diverso tempo», spiega Guarino.
«Il risultato, alla fine del periodo di immobilizzazione, erano ginocchia particolarmente rigide che richiedevano un impegno fisioterapico importante. Determinante, a questo proposito, era il feeling che si istaurava tra il fisioterapista e il paziente. Oggi molte cose sono cambiate, la moderna traumatologia, in particolare quella sportiva, si prefigge di immobilizzare il meno possibile.

Arturo Guarino

Ci vengono in aiuto dei tutori di moderna concezione, che permettono, grazie a precise regolazioni, il ripristino di un certo coefficiente di articolarità che, in modo graduale, può essere aumentata in maniera tale che, alla fine dell’ipotetica cicatrizzazione dell’elemento che si è lesionato, si abbia già un ginocchio particolarmente fluido.

È chiaro che poi subentri l’aspetto riabilitativo attivo e passivo che completerà il quadro della ripresa.
Qualora l’indicazione non sia conservativa bensì chirurgica, è necessario distinguere se l’intervento abbia interessato la periferia del ginocchio, quindi il compartimento interno, piuttosto che quello laterale, oppure il pivot centrale, quindi il legamento crociato anteriore o posteriore.

Nel primo caso, all’intervento chirurgico deve, comunque, seguire un’immobilità dell’ambiente articolare per almeno un paio di settimane, poi, con l’utilizzo di ginocchiere gradatamente articolabili, si può raggiungere un buon grado di mobilità già nell’immediato post operatorio regolando la ginocchiera in un range di mobilità tra +10° e +40°».

Nel caso, invece, del crociato? «Dopo la sua ricostruzione si è molto più aggressivi per quanto riguarda la ripresa funzionale.
In questo caso non si utilizzano ginocchiere articolate: la mobilità va di pari passo con la riduzione della sintomatologia dolorosa che il paziente avverte. Mobilità che dipende dalla tipologia di trattamento eseguito.

Il legamento crociato anteriore può essere ricostruito rifacendosi a diversi tipi di tessuto, uno di questi è il terzo centrale del tendine rotuleo; possono essere prelevati, inoltre, dei semi tendini, addirittura si sono fatti anche prelievi del tendine quadricipitale; ci si può rifare a degli allograft, quindi a trapianti da cadavere.

In relazione all’area di prelievo del tessuto, la mobilità sarà diversa nel postoperatorio.
Nel percorso riabilitativo del crociato non esistono protocolli precisi, esistono piuttosto indicazioni di massima che però, necessariamente, devono trovare una puntualizzazione nell’esperienza di chi conduce il trattamento riabilitativo.
Ancora una volta il feeling che s’instaura tra paziente e chirurgo, tra paziente e fisioterapista, è determinante».

Tempi lunghi per la riabilitazione del crociato

Per la riabilitazione del legamento crociato servono almeno sei mesi.
«Dopo questo periodo il paziente sarà responsabilizzato a perseverare sull’aspetto ginnico, inteso come tonificazione muscolare sia del quadricipite sia dei flessori, con esercizi specifici. Questi richiami di tipo ginnico per potenziare la muscolatura sono fondamentali per il proseguimento e per l’equilibrio del ginocchio operato».

Tra gli obiettivi, la tonificazione muscolare

«Il tono e la funzione quadricipitale sono importanti nel gesto atletico, in quanto il quadricipite è il principale stabilizzatore dinamico del ginocchio. Più questo muscolo è tonico più il ginocchio guadagnerà stabilità.
È molto importante quindi, ancora in tema di legamento crociato anteriore, prevedere nei primi sei mesi dei carichi di lavoro assolutamente graduali e progressivi.
Non dimentichiamo che quando trasponiamo del tessuto prelevato dal paziente per farlo diventare un neo legamento crociato anteriore è come se, di fatto, estirpassimo una pianta per trapiantarla da un’altra parte.

Come l’attecchimento delle radici al suolo, anche l’attecchimento del neo legamento richiede tempo.
La letteratura in questo caso è discordante: studi istologici hanno dimostrato che esso avviene non prima di otto-dieci mesi; studi del professor Dario Perugia indicano invece a dodici mesi, mentre altri sostengono che già al sesto mese si hanno connessioni abbastanza tenaci da garantire una buona stabilità.

Comunque sia, fino all’avvenuta integrazione, dare sollecitazioni importanti al neo legamento è rischioso perché può evocare una sorta di elongazione se non delle rotture.
Il riabilitatore non deve mai tralasciare tale aspetto, anche se dovesse percepire una buona funzionalità, un’ottima stabilità. Non dimentichiamo che la prima stabilità di questo neo legamento è data dai sistemi di fissaggio, che sono comunque dei sistemi meccanici e passibili di deterioramento o addirittura di rottura».

Nel collaterale tempi di recupero più brevi

«Nel caso, per esempio, di una lesione di primo o secondo grado del collaterale interno, il legamento tende a cicatrizzare nell’arco di 20-25 giorni consentendo una ripresa funzionale molto importante anche se paradossalmente più dolorosa rispetto a quella del legamento crociato anteriore.

Per quanto riguarda il potenziamento muscolare, è assolutamente sovrapponibile a quello del crociato anteriore; si tratta di effettuare esercizi di contrazione isometrica, contrazione isotonica del quadricipite seguiti naturalmente da una ripresa della articolarità sia estensoria sia flessoria del ginocchio, a una ripresa del carico progressiva con l’abbandono delle stampelle a distanza di una decina di giorni dalla fase di immobilizzazione seppure parziale dell’articolazione.

Molto importanti sono gli esercizi effettuati in acqua, quindi in assenza di gravità o comunque con una gravità molto ridotta, esercizi di battuta a stile libero o a dorso.
Da evitare è, invece, la gambata a rana perché impone anche dei movimenti torsionali e di varo-valgo che potrebbero dare fastidio al paziente.

Importante sarà, inoltre, la cosiddetta ginnastica propriocettiva, cioè esercizi eseguiti in precarietà di appoggio, che consentono alla corteccia cerebrale di recuperare quei meccanismi di feedback provenienti dalla pianta del piede o dall’arto, atti a indurre una contrazione muscolare tale da favorire il ripristino di un buon equilibrio.

Questi esercizi possono essere effettuati sia avvalendosi di tavolette basculanti, piuttosto che di un tappetino elastico, sia attraverso la camminata in acqua la quale, riducendo la stato di equilibrio, impone alla muscolatura un’azione coerente per recuperarlo».

Quando viene abbandonato il tutore? «Nell’ambito della patologia della periferia, quindi del coinvolgimento dei legamenti collaterali, il tutore deve essere abbandonato in maniera graduale e comunque entro i 10-15 giorni dal trattamento.

Nel legamento crociato il tutore non viene più utilizzato a meno che la lesione di quest’ultimo non sia associata a un danno della periferia; in tal caso si deve mantenere un comportamento più ibrido».

La riabilitazione delle patologie meniscali

La chirurgia artroscopica ci permette di agire in maniera abbastanza precoce e di provvedere all’asportazione soltanto della piccola parte di menisco lesionata. A parte le disgiunzioni dalla periferia, che richiedono un’accortezza dei movimenti e magari anche una temporanea immobilità proprio per favorire la cicatrizzazione del menisco, le lesioni in generale si verificano nella zona bianca quindi nella zona non vascolarizzata.

Effettuata l’asportazione della parte lesionata, che impedisce all’articolazione di muoversi in maniera coerente, è possibile una ripresa precoce del carico e soprattutto una ripresa della mobilità articolare.

Il percorso riabilitativo difficilmente richiede il ricorso al fisioterapista, è sufficiente che il chirurgo prescriva una serie di esercizi di recupero come la ginnastica in acqua, la deambulazione, esercizi isometrici e isotonici, leggere resistenze applicate che vertono a tonificare a migliorare il tono muscolare.

Roberto Tognella