Calze elastiche e sport. Risultati di uno studio

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La compressione elastica può modificare l’emodinamica venosa anche in persone sane con buone performance muscolari? Le prime segnalazioni della possibile efficacia della compressione elastica non solo sul ritorno venoso ma anche su prestazioni e recupero in sportivi risalgono a oltre dieci anni fa. Da allora le segnalazioni si sono ripetute e in molte discipline si è diffuso l’uso d’indumenti elastici di varia compressione indossati sia durante la performance sportiva sia dopo di essa, durante il recupero. L’ipotesi di base era la possibilità d’influenzare positivamente il ritorno venoso nei muscoli del polpaccio, riducendo la stasi e la permanenza di cataboliti tossici derivanti da un’attività anaerobica (in pratica la permanenza di acido lattico derivante dall’attività muscolare svolta in carenza di ossigeno). Gran parte delle segnalazioni, peraltro, riguardano valutazioni della sensazione d’intensità dello sforzo o della durata del recupero con ridotta numerosità dei campioni osservati, rendendo i risultati utili per pianificare ulteriori ricerche ma poco significativi anche per la soggettività dei parametri di valutazione usati.

Un’esperienza su atleti

Il nostro gruppo da molto tempo ha iniziato a interessarsi di questi argomenti e fin dall’inizio, partendo dal background culturale posseduto sul trattamento dei vari gradi d’insufficienza venosa, si è voluto rendere i dati ottenuti il piĂą possibile oggettivi e riproducibili nel tempo. Le prime esperienze hanno coinvolto 38 atleti amatoriali di varie discipline che hanno eseguito alcuni esercizi indossando calze elastiche: l’obiettivo era verificare se una calza elastica costruita secondo GGG-Ral fosse in grado di modificare l’emodinamica non solo in persone con insufficienza venosa ma anche in chi ha buone performance muscolari. Il gruppo era eterogeneo e non era noto se qualcuno avesse problemi vascolari venosi. Per le valutazioni si è usato un fotopletismografo a luce riflessa, che sfrutta un sensore emittente luce infrarossa e che si posiziona, tramite cerotto biadesivo, sopra la caviglia sul lato interno della gamba. Lo strumento, supportato da software e hardware dedicati, riconosce il movimento del sangue nel plesso venoso sottocutaneo fornendo misurazioni dello svuotamento dei vasi durante l’esercizio e della loro velocitĂ  di riempimento al termine di esso. Il test – che dura meno di un minuto per ogni osservazione – è stato effettuato sia in statica sia in dinamica: nel test statico, da seduti, si eseguono movimenti di dorsiflessione del piede con la gamba semiflessa e il piede appoggiato su un piano stabile; il test dinamico avviene mentre si cammina su un tapis roulant a velocitĂ  standard. Entrambi i test prevedono l’attivazione della pompa venosa muscolare del polpaccio, il test del cammino attiva anche la pompa plantare. Ogni volontario ha eseguito i due test sia con sia senza calza. Negli atleti con segni d’insufficienza venosa le calze elastiche, come atteso, hanno normalizzato il test, mentre negli atleti sani si è avuta costante riduzione dello svuotamento venoso (piĂą marcata con il test dinamico) e un’accelerazione dei tempi di riempimento post esercizio. Ciò è stato interpretato come conseguenza della compressione, che porterebbe la riduzione della quantitĂ  di sangue contenuta nell’arto trattato giĂ  di base, giustificando la ridotta percentuale di svuotamento e la conseguente velocitĂ  di riempimento accelerata attribuita al ridotto letto vascolare.

Le riprove

L’eterogeneità dei casi osservati ha però spinto a ripetere l’osservazione in un gruppo più selezionato: si sono arruolati 70 atleti amatoriali per eseguire la loro attività sportiva con regolarità e si sono esclusi quanti avevano segni d’insufficienza venosa o un tracciato fotopletismografico non normale di base. I test sono stati fatti in situazione controllata in due centri flebologici di provata esperienza. Ogni atleta ha compilato dei questionari atti a indagare il senso di pesantezza dello sforzo durante la loro normale attività eseguita con e senza calza elastica. I risultati hanno confermato i dati dell’esperienza precedente, consentendo di affermare che la compressione elastica può modificare l’emodinamica venosa anche in persone sane con buone performance muscolari. I risultati dei questionari hanno confortato i dati di emodinamica, dimostrando l’efficacia della compressione nel ridurre la sensazione di sforzo.

Ancora però non si potevano ritenere definitive le conclusioni: si era dimostrato che la compressione aveva effetto anche sui sani, ma nulla più. Con la consulenza di medici dello sport si sono selezionati 20 atleti semiprofessionisti, valutati facendo loro eseguire un esercizio standardizzato al cicloergometro con misurazione di vari parametri (frequenza cardiaca, potenza muscolare espressa, consumo di ossigeno). L’obiettivo questa volta era misurare gli eventuali effetti della compressione sul metabolismo muscolare. Contemporaneamente sono state sviluppate calze concepite per l’attività sportiva, con compressione e materiali che favorissero dispersione di calore e umidità. La cadenza degli esercizi è stata determinata con un’analisi statistica che ha previsto una prima performance basale senza calza seguita da altri due test con e senza calza eseguiti in modo casuale per ogni atleta. I risultati hanno mostrato un aumento notevole dal punto di vista statistico della potenza muscolare espressa con la calza indossata rispetto al basale e al secondo esercizio eseguito senza calza, con riduzione della frequenza cardiaca e del consumo di ossigeno a parità di sforzo. Per la prima volta, quindi, si è dimostrata la reale efficacia della compressione, non solo sull’emodinamica ma anche sul metabolismo muscolare.

Un’identica esperienza ha confrontato calze con diversi profili di compressione, una delle quali con compressione maggiore al polpaccio, che non ha dimostrato superiorità dell’una rispetto all’altra a parità d’incremento delle prestazioni.

Valutazioni sul campo

Più di recente, l’interesse è andato alla valutazione sul campo. Finora le prove sono avvenute in ambiente controllato con test ripetitivi e ripetibili, ma diversa è l’attività sportiva eseguita all’aperto, in condizioni atmosferiche variabili e in momenti diversi della preparazione atletica: in tali situazioni le misurazioni e il confronto dei dati sono più difficili. Una prima esperienza è stata fatta su una squadra di calcetto durante un campionato amatoriale: i componenti hanno indossato per un intero girone in modo randomizzato e predeterminato la calza per lo sport alternata al normale calzettone. Dopo ogni partita, a 24 ore di distanza e a fine girone ogni atleta ha risposto a un questionario atto a verificare adesione al trattamento (uso costante della calza con la cadenza stabilita), comfort, influenza su prestazioni e recupero. Anche in questo caso si è dimostrata l’efficacia della calza, ma i dati sono comunque soggettivi anche se raccolti in modo statisticamente rigoroso.

Per questo motivo sta per partire un nuovo lavoro, complesso e ambizioso, con la collaborazione di una nota squadra di atletica milanese, i cui sportivi eseguiranno la preparazione invernale indossando a tempi alterni la calza sport. Si raccoglieranno numerosi parametri atti a misurare in modo oggettivo i miglioramenti delle performance (tempi, potenza muscolare, attività cardiaca), che al termine potranno eventualmente dimostrare l’influenza della compressione anche in questa particolare situazione.

Conclusioni

Non è sempre facile conciliare esigenze scientifiche, tecniche e di marketing. Nel caso delle calze attive su prestazioni e recupero muscolare nello sportivo l’impegno maggiore è stato trovare parametri misurabili e riproducibili che rendessero meno discutibili le conclusioni tratte nelle varie esperienze e che ponessero le basi per successivi sviluppi. Trasferire la ricerca dalle condizioni controllate dei laboratori alla normale attività è una nuova e impegnativa sfida che inserisce tra i protagonisti variabili non controllabili a priori.

Guido Arpaia

UOC di Medicina 2 e UOS di Angiologia, Azienda Ospedaliera di Desio e Vimercate, Presidio di Vimercate (MB)